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Cit evita il fallimento: 3 miliardi di dollari dagli obbligazionisti

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19 luglio 2009

Cit, il gruppo americano ultracentenario di servizi finanziari specializzato nei finanziamenti alle piccole e medie imprese, ha raggiunto un accordo da tre miliardi di dollari con i suoi obbligazionisti per evitare il fallimento. Il titolo ha preso il volo a Wall Street e ha chiuso con una performance di poco inferiore al +80 per cento a 1,25 dollari.

Il gruppo di cavalieri bianchi comprende almeno sei grossi creditori di Cit, tra i quali alcuni fondi hedge (ci sarebbero Baupost Group, Capital Research & Management, Centerbridge Partners, Oaktree Capital Management, Pacific Investment Management e Silver Point Capital), mentre Barclays Capital è la banca che sta guidando le operazioni del prestito sindacato. L'accordo prevederebbe il pagamento di interessi superiori del 10% al Libor a tre mesi (0,51%) da parte di Cit.

In attesa di un annuncio ufficiale sulla vicenda, le fonti dicono che una prima parte da 2 miliardi è già stata erogata, mentre la seconda parte da un miliardo dovrebbe arrivare entro dieci giorni. In base all'accordo, il nuovo prestito farà da "ponte" a una serie di offerte di swap sul debito, che dovrebbero portare gli obbligazionisti a scambiare debito per azioni della società o per nuove obbligazioni che matureranno in futuro.

Il prestito arriva dopo che il governo Usa non ha approvato un piano di salvataggio per Cit. I segnali che il mercato ha ben accolto il segnale sono il calo dei Credit default swap (strumenti derivati grazie ai quali si monitora la probilità che un'azienda fallisca) a cinque anni e l'incremento di prezzo del bond da un miliardo di dollari a tasso variabile in scadenza ad agosto.

Ai colloqui ha partecipato il gruppo Pimco (Pacific investment management company), fondo tra i maggiori gestori mondiali di bond, controllato dal colosso tedesco delle assicurazioni Allianz. Cit Group, che ha sede a New York sulla Quinta avenue, è sommerso da debiti per 7,4 miliardi di dollari, che scadranno nel primo trimestre del 2010. Lo scorso dicembre aveva ricevuto aiuti pubblici per 2,3 miliardi di dollari e nei giorni scorsi ha avvertito che se resterà priva di questi fondi ripercussioni negative potrebbero colpire quasi un milione di Pmi, tra cui esercizi in franchising della catena Dinkin' Donuts, o i punti vendita del gruppo di grande distribuzione Dillards.

L'amministrazione Obama finora non ha voluto prorogare gli aiuti, e si è mostrata irremovibile sulla linea che richiedere garanzie di solvibilità, senza le quali non sosterrà nuovamente Cit. In questo modo il gruppo rischia di finire davanti a un tribunale fallimentare, una strada che gli stessi titolari di bond sperano di evitare, perché potrebbe comportare una riduzione dei loro diritti ancor più consistente.

Se Cit, alla cui guida si trova il presidente e mministratore delegato Jeffrey Peek, riuscisse a rafforzare la sua patrimonializzazione potrebbe trovarsi nella posizione di riprendere i negoziati con il governo. Il gruppo garantisce prestiti a circa un milione di piccole e medie imprese (da ristoranti a scuole e società del campo dell'abbigliamento). Per anni ha finanziato le proprie attività soprattutto attraverso la vendita di bond, salvo poi trovarsi nei guai quando la crisi del credito ha congelato i mercati finanziari. Secondo gli analisti circa il 60 per cento dell'industria del vestiario Usa opera con Cit e il suo fallimento potrebbe avere effetti destabilizzanti.

19 luglio 2009
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