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Banco Popolare all'88% di Italease

di Alessandro Graziani

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16 luglio 2009

Il Banco Popolare chiude l'Opa su Banca Italease, arrivando a controllare l'88,124% della società di leasing. L'obiettivo del 90%, che avrebbe poi portato all'Opa residuale e quindi al delisting, non è stato raggiunto. Misteriosi i motivi delle mancate adesioni, visto che il prezzo di mercato (ieri -1,34% a 1,469 euro) è inferiore a quello proposto dall'Opa del Banco Popolare (1,50 euro).

Costretto all'Opa su Italease per risolvere la crisi dovuta agli effetti della vecchia gestione-Faenza, accentuata dalla tempesta finanziaria internazionale, il Banco Popolare puntava al delisting per avere mano libera nella indispensabile ristrutturazione di Italease. Urge una ricapitalizzazione pesante («attorno al miliardo», ha ribadito ieri l'amministratore delegato del Banco Pierfrancesco Saviotti) e una rivisitazione del perimetro delle attività con alcune cessioni (tra cui il ramo factoring, con trattative già in fase di approfondimento con alcuni partner interessati).

Ora che Italease resterà quotata in Borsa, il previsto riassetto andrà avanti comunque. Ma è evidente che la gestione del dossier sarà più complessa, rispetto all'eventualità di poter ristrutturare una società interamente controllata. Il progetto di scorporare in due Italease (una bad bank e una good bank) dovrà essere approvato da un'assemblea straordinaria in cui i soci di minoranza (agguerriti, dopo il crollo delle quotazioni degli ultimi anni) si faranno sentire. Controllando oltre i due terzi del capitale, il Banco non avrà ostacoli nell'approvare le delibere proposte. Ma inevitabilmente dovrà tenere in qualche considerazione le istanze delle minorities. Senza tenere conto, aldilà delle modifiche dei principi contabili Ias, della futura contabilizzazione della partecipazione Italease nei bilanci del Banco.

Il caso Italease è il più critico, data la rilevanza del portafoglio crediti a rischio, nell'ambito del piano di rilancio del gruppo avviato a dicembre 2008 da Saviotti. Un piano che, oltre al rafforzamento patrimoniale da 1,45 miliardi attraverso i Tremonti-bond, punta anche sulla dismissione degli asset non core. Tra questi, almeno per il momento, non figurano le controllate Popolare Crema e Popolare Cremona. «Non ha senso», ha detto ieri Saviotti escludendo la cessione delle due popolari lombarde ereditate dalla Popolare Lodi.

In attesa di capire quali saranno i destini di Efibanca, più concreta e rapida appare una decisione sulla quota in Arca Sgr. Per rilevare la maggioranza della società controllata dalle Popolari, sono in ballo Dea Capital e Clessidra (che ha appena rilevato Prima Sgr da Mps). Domani i grandi soci di Arca dovrebbero incontrarsi a Milano per decidere con chi avviare trattative in esclusiva. Da una parte, c'è il progetto finanziario di Dea Capital. Dall'altra, quello più industriale di Clessidra-Prima. In entrambi i casi, restano da definire aspetti di rilievo che riguardano il conferimento ad Arca delle Sgr di proprietà del Banco Popolare (Gestielle) e di Bper (Optima).

16 luglio 2009
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