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A Wall Street tornano gli «Orsi»
se il sentiment è troppo positivo

di Vittorio Carlini

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27 agosto 2009

Il 51,6% degli operatori, nella scorsa settimana, era «Toro» sui mercati. Solo il19% pessimista. Un segnale che il rally potrebbe cessare. Per gli esperti una situazione simile a quella dell'ottobre 2007. La Fdic modifica le norme sugli acquisti delle banche


Il «troppo...stroppia». Il vecchio adagio potrebbe essere utilizzato per analizzare gli umori che aleggiano in quel di Wall Street. La scorsa settimana, l'Investors Intelligence Advisors Sentiment index, che misura il sentiment di circa 150 newsletter di investimento e altrettanti consulenti, ha dato un segnale inequivocabile: il 51,6% degli esperti è positivo rispetto all'andamento futuro della Borsa. Il livello più alto dal dicembre 2007. Chi invece ha un sentiment "Orso" è solo il 19,8% degli operatori: una valore, quello al di sotto del 20%, che non si era più raggiunto dall'ottobre del 2007. Un mese in cui, vale la pena ricordarlo, l's&P500 aveva toccato un suo massimo per poi scivolare per 17 mesi consecutivi.

Si potrebbe dire: e allora, che cosa significa questo dato? La maggioranza degli investitori vedono ancora bene l'evolversi della situazione. Tutto è ok. In realtà, le cose non stanno proprio così. Proprio questa settimana, come riporta Market Watch, Mary Ann Bartels, analista di Bank of America, ha sottolineato che bisogna fare attenzione alla rottura della soglia del 20% delle previsioni "Orso". È un fatto da interpretare come un segnale che i listini stanno raggiungendo un massimo intermedio. Un'impostazione, quella di Ann Bartels, che non deve troppo stupire: spesso, infatti, gli analisti usano le misure dei sentiment in un'ottica contrarian. Vale a dire: quando l'ottimismo è salito troppo è probabile - pensano - che le quotazioni di Borsa ritraccino; viceversa, quando il pessimismo è alle stelle, allora può essere l'occasione di ripartire.

Di solito, infatti, nei momenti in cui gli operatori hanno in massa una visione "Toro", le cose funzionano bene, un fiume di liquidità si è già spostata dai risparmi degli investitori verso le Borse. Con la conseguenza, spesso, che il propellente per ulteriori salite incomincia a scarseggiare. «Un così forte sentiment positivo - dice John Gray, di Investor Intelligence -, vuole dire che i consulenti hanno cosigliato ai loro clienti di comprare, riducendo la liquidità». E a questo punto, diventa rischioso, prendere posizione.

Di più. Altri money manager ricordano come settembre sia, per l'S&P500, il peggiore mese dell'anno. In media , dal 1928 a oggi, il ritorno è stato negativo dell'1,3 per cento. Certo, si può obiettare che le medie lasciano il tempo che trovano: può capitare, come ricordava Trilussa, che il pollo sia mangiato da un solo ma la media sarà sempre... mezzo pollo a testa. Tuttavia il dato deve fare riflettere. Inoltre, nel terzo trimestre 2009 il Pil americano potrebbe rimbalzare ancora (Linn Anna Sonders, di Swabb, pensa a oltre il 5%), e questo dovrebbe sostenere i mercati. Ma nonostante il rally possa trovare dei sostegni anche macro-economici, sono gli stessi ottimisti a pensare che si «dovrebbe prendere un respiro».

Che le incertezze non manchino è, peraltro, dimostrato dai molti dubbi degli investitori sul rally del settore bancario. Non si tratta tanto, o almeno non in particolare, di valutare i fondamentali degli istituti. In realtà, è un sentiment "enigmatico" rispetto ad un comparto dove i fallimenti continuano a succedersi e dove le autorità americane stanno abbassando i requisiti rispetto all'identikit dei cavalieri bianchi. La Federal Deposit Insurance Corporation (Fdic), infatti, fino ad ora ha permesso la vendita delle banche (fallite) ad altre istituzioni bancarie soggette a rigide norme federali, soprattuto in materia di prestiti e di leverage. Ma il continuo aumentare dei fallimenti (potrebbero - secondo alcune stime- arrivare fino a 200 a causa della crisi) ha indotto, la Fdic a votare una riforma nel sistema: gli acquirenti potranno essere anche i private equity con un capital ratio solo del 10%, rispetto alle richieste di molti esperti di una percentuale del 15%. Una scelta, che se non realizzata nei corretti termini, potrebbe creare non poche difficoltà. È chiaro che, in questa situazione, l'incertezza potrebbe farla da padrona. E in un mercato dove gli aspetti psicologici sono, in questo momento, essenziali il semplice cambiamento di sentiment avrebbe conseguenza sui listini. Il che non vuol dire che torneremmo a rischiare "l'armageddon" di metà settembre 2007. Semplicemente, Wall Street potrebbe fare dei passi indietro.

vittorio.carlini@ilsole24ore.com

27 agosto 2009
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