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L'Fmi rivede al ribasso le perdite della crisi:
sono solo 3.400 miliardi di dollari

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30 settembre 2009

Le perdite della crisi, fra il 2007 e il 2010, ammonteranno a circa 3.400 miliardi di dollari, un dato migliore di 600 miliardi di dollari rispetto alla valutazione precedente dell'Fmi. Lo stima il Fondo Monetario Internazionale nel Global Finacial Stability Report di ottobre diffuso oggi. Secondo l'Fmi, «la stabilità finanziaria globale è migliorata, ma i rischi restano alti».

Il miglioramento della stabilità finanziaria viene da «azioni senza precedenti e segnali di ripresa economica. Eppure il rischio generale resta alto ed è pure significativo anche il rischio di ricadute. Le nostre stime sulle perdite globali per la crisi per il periodo 2007-2010 ora si attestano approssimativamente a 3.400 miliardi di dollari (circa 600 miliardi di dollari in meno rispetto all'ultima stima del GSFR), grazie alle migliorate garanzie valutarie».
Il rapporto indica che «le istituzioni finanziarie continuano a dover affrontare tre sfide principali: la ricostituzione dei capitali, il rafforzamento dei guadagni e lo 'svezzamentò dai supporti forniti dai fondi governativi» messi in campo per affrontare la crisi. E per i 'policymaker' ci sono «considerevoli sfide a breve termine. Fra queste, garantire una crescita del credito per sostenere la ripresa economica; ideare adeguate exit strategy e gestire la crescita dei rischi da indebitamento pubblico».

«Le svalutazioni finanziarie hanno cominciato a ridursi, ma il deterioramento del credito continuerà a guidare le perdite sui prestiti nei prossimi anni. Le valutazioni delle banche sui prestiti alle imprese e le cartolarizzazioni sono ammontate a 1.300 miliardi di dollari fra metà 2007 e metà 2009. Stimiamo che 1.500 miliardi di potenziali nuove perdite da qui alla fine del 2010 non siano ancora riconosciuti. La capitalizzazione e le previsioni per le banche sono comunque migliorate significativamente dall'ultima stima. Non ci aspettiamo che le svalutazioni superino la capitalizzazione».

La crescita del credito al settore privato «continua a contrarsi nelle maggiori economie per la debole attività economica e la riduzione delle garanzie ipotecarie» con conseguente riduzione del merito di credito.
Per quanto riguarda le economie emergenti, i rischi si stanno riducendo «a seguito delle forti misure di politica economica.
Asia e America Latina hanno beneficiato della stabilizzazione dei mercati». Comunque «il rischio default nel rifinanziamento del settore imprenditoriale resta relativamente alto».
Il Fondo affaccia l'ipotesi di pressioni rialziste sui tassi d'interesse a causa del «trasferimento del rischio dal settore privato ai bilanci pubblici», pressioni che possono realizzarsi «senza credibili impegni dei governi sulla sostenibilità a medio termine».
Mentre «i rischi sistemici sono diminuiti, le sfide politiche restano significative. I policymaker devono assicurare sufficiente crescita del credito per sostenere la nascente ripresa economica; approntare exit strategy adeguate; gestire i rischi dovuti alla pressione sui bilanci pubblici e mantenere un equilibrio fra regole e mercato per ridurre futuri rischi di sistema. Nel medio termine dovranno cercare di restaurare disciplina di mercato, reindirizzare i rischi, istituire un approccio macroprudenziale e rafforzare le istituzioni finanziarie transnazionali».

30 settembre 2009
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