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L'hi-tech «complice» della crisi

di Vittorio Carlini

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7 settembre 2009

Sullo schermo del pc scorrono i mutui immobiliari: non più documenti di carta, bensì bit digitali. Dentro, all'interno del computer connesso in rete, il software fa il suo lavoro: confronta la redditività dei prestiti, la maturità dei crediti con l'andamento dei tassi d'interesse o la fiducia dei consumatori. Dal canto suo, il team manager delle cartolarizzazioni discute con i suoi collaboratori per stabilire come impacchettare i mutui, anche subprime: di lì a poco nasce l'Asset backed security (Abs). Un procedimento, mandato a memoria centinaia di migliaia di volte nella grandi banche di Wall Street, che sfrutta, anche e di più, software e sistemi informatici.

Eppure tra i perché del crack finanziario l'innovazione tecnologica si aggira come un fantasma. Una dimenticanza che stupisce. Craig Focardi, esperto del settore della società americana TowerGroup, dice al Sole 24 Ore: «Solamente negli Usa la spesa in tecnologie per il business dei mutui immobiliari supera i 6 miliardi di dollari all'anno. Rispetto alle sole cartolarizzazioni viene sborsato oltre mezzo miliardo di dollari». Soldi spesso usati per sistemi e modelli informatici «che definiscono i prezzi dei portafogli di mutui, gestiscono il rischio e, alla fine, vendono gli asset».

Una situazione, peraltro, non sconosciuta. Già nel 2005, l'allora presidente della Fed Alan Greenspan, affermava: «La tecnologia ha permesso ai creditori di raggiungere fondamentali efficienze (...) per valutare il rischio di credito e prezzarlo (...) Questi miglioramenti hanno permesso una rapida crescita dei prestiti subprime». La stessa agenzia americana Fdic, dodici mesi dopo, faceva da eco: «I progressi tecnologici saranno fondamentali nel mercato delle cartolarizzazioni». Firme automatizzate, «modelli statistici di valutazione delle garanzie - aggiungono gli economisti Mark Doms e John Krainer - hanno trasformato l'industria americana dei prestiti immobiliari». Un business sempre più online («nel 2008 il 15% dei nuovi mutui - dice Focardi- e stato stipulato via web») dove i costi operativi si abbattono e dove i pc e la rete sono essenziali anche per le cartolarizzazioni.

Insomma, non è fantasia dire che l'innovazione sia dietro la crisi. Ma non sotto le sembianze, magari un po' naif, del fisico "genialoide" che inventa l'algoritmo per l'hedge fund di turno. Tutt'altro. Si tratta di una presenza pervasiva, rilevante sotto tre aspetti: i software che immagazzinano miliardi di dati per, poi, valutarli e processarli; la rete (l'hardware) che consente di trasmettere, in pochi centesimi di secondo, in ogni parte del mondo, i prodotti finanziari trasformati in bit digitali; i modelli matematici che sono alla base sia degli stessi software sia delle strategie per usarli.

Per rendersi conto di ciò va ricordato come hanno funzionato proprio le grandi cartolarizzazioni, in particolare dei subprime, negli Usa. La banca scorpora dal bilancio i crediti illiquidi (i mutui), li impacchetta e li vende sul mercato, magari sotto forma di bond, attraverso una società ad hoc: lo Special purpose vehicle (Spv). Nasce così l'Abs. L'obiettivo? Generare liquidità e trasferire, se non disperdere quasi in un gioco delle tre carte, il rischio di credito. Ebbene, già nella scelta e impacchettamento degli asset (spesso migliaia per ogni singola operazione), la banca sfrutta dei «software - spiega Paolo Comuzzi, ceo di Securitization.it - per confrontarli con i criteri di rating delle agenzie» e cercare di avere, per il maggior numero di mutui, il giudizio più alto. È nella fase succcesiva, però, che l'informatica assume maggiore rilievo. Per la banca, spiega un esperto al Sole 24 Ore, è fondamentale avere il giusto equilibrio tra i flussi di cassa generati dai mutui e le cedole dei bond emessi dallo Spv. Un'attività gestita grazie a complessi cash flow model che richiedono l'uso di calcolatori e software.

E non basta. Concluso il primo passaggio, qualche parte dell'Abs può non avere raggiunto il giusto rating. Ecco, allora, la nuova magia: la cartolarizzazione dell'Abs stesso. Ecco, allora, che compaiono nuovi software di calcolo. «A questo livello - afferma Comuzzi - vengono realizzate analisi statistiche complesse» che coinvolgono molte variabili. Giocoforza, i sistemi sono più evoluti. O, almeno, così dovrebbero essere. «E sì, perché -sottolinea Emilio Barucci, professore di finanza quantitativa al Politecnico di Milano -, nella realtà le cose non funzionano in questo modo». Vale a dire? «Simili processi di cartolarizzazione sono stati realizzati su scala industriale, utilizzando sistemi eccessivamente standardizzati, incapaci di cogliere tutte le variabili in gioco. La conseguenza è che si sono creati ulteriori danni».

Ma se questa è la realtà delle cose, perché chi detta le regole per il futuro non sembra occuparsi di questo aspetto della crisi? La risposta è sempre la stessa: la tecnologia è solamente un mezzo. È uno strumento neutro: solo il suo cattivo uso può provocare danni. Questa scuola di pensiero, maggioritaria, al massimo concede «che - come dice Barucci - esista l'idea di un'innovazione onnipotente che possa portare alla deresponsabilizzazione di chi gestisce il business».
  CONTINUA ...»

7 settembre 2009
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