Il Sole 24 Ore
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15 settembre 2009

«Io, giovane e musulmana
tra le 100 donne della finanza»

di Andrea Franceschi

Giovane (35 anni) e musulmana (ma non porta il velo). A dispetto dell'identikit non proprio da «donna in carriera», Haliza Abn Rahim, malese, nel 2009 è entrata nella lista delle 100 donne più influenti della finanza recentemente pubblicata da Financial News (gruppo Dow Jones). Il suo segreto? Altissima specializzazione in un settore in forte crescita: la finanza islamica. Haliza ha solo 35 anni. La sua competenza in materia di prodotti strutturati compatibili con i dettami del Corano le ha fatto scalare in pochi anni i gradini della britannica Bmb Isalmic, un colosso che gestisce ogni anno circa 10 miliardi di dollari di asset. Entrata come consulente legale nel 2007, oggi è a capo della sezione project management. Un risultato sorprendente, specialmente per una donna di fede musulmana, una religione spesso criticata per il suo maschilismo.

In molti paesi islamici lei, in quanto donna, sarebbe stata discriminata. E anche oggi molti fedeli musulmani hanno una concezione molto "restrittiva" della parità tra i sessi. Nel suo lavoro le è mai capitato di sentirsi discriminata?
Mai. Nel settore in cui lavoro c'è un alto rispetto per le donne. Quello che fa la differenza non è tanto il sesso, quanto la competenza. Adoro il mio lavoro. E questo forse spiega perché riesco così bene.

Ciò non toglie che in molti paesi musulmani le donne siano pesantemente discriminate...
La religione c'entra relativamente. È un fatto culturale. Guardi al mio paese, la Malesia, che è ufficialmente uno stato islamico. A capo della banca centrale e dell'autorità di vigilanza del mercato ci sono due donne. Le leggi che oggi discriminano le donne in molti stati islamici non hanno alcun fondamento religioso. Sono retaggi culturali del passato e come tali, occorre disfarsene.

Ha solo 35 anni ma è già una delle donne più potenti della finanza globale. Come è arrivata fino a qui?
Ho sempre studiato molto, fin da bambina. Nel 1994, grazie ad alcuni riconoscimenti e premi in campo accademico ho ottenuto una borsa di studio per iscrivermia alla facoltà di legge dell'università di Nottingham, in Gran Bretagna. Qui mi sono laureata tre anni dopo e sono tornata in Malesia, Fin dalle mie prime esperienze ho avuto modo di conoscere gli strumenti della finanza islamica. Lo studio per cui ho lavorato (Messrs Mohamed islamic & Co), ai tempi era l'unico a trattare questi prodotti. Nel 2005 sono tornata in Gran Bretagna a lavorare per Dar Al Istihmar. Nel 2007 il mio trasferimento alla BmB islamic con il ruolo di semplice consulente. Oggi sono a capo della sezione project management.

La finanza islamica continua a crescere (secondo la banca State Street, negli ultimi sei anni il business è cresciuto del 20%). Il settore ha attraversato senza eccessivi pesanti contraccolpi la crisi globale. Perché secondo lei?
Penso che nessuno abbia realmente potuto dirsi al riparo dalle conseguenze di una crisi di tale portata. È indubbio però che le peculiarità del nostro modello di business ci abbiano aiutato. I detami stringenti del Corano impediscono di «creare denaro dal denaro» e di chiedere interessi. Per questo il nostro settore non ha subito le degenerazioni che abbiamo visto in tutto il mondo nella finanza derivata. Penso che questo sia un punto di partenza per crescere ancora di più e guadagnare quote di mercato.

15 settembre 2009

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