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Draghi: «Nuove regole non pensate
per danneggiare le banche»

di Stefan Ruhkamp

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06 ottobre 2009


Le nuove regole internazionali per la finanza che il Financial Stability Board sta predisponendo non intendono «recare danno alle banche» che avranno tempo per adeguarsi. Lo spiega un'intervista alla Frankfurt Allgemeine Zeitung, il governatore della Banca d'Italia, che è anche presidente dell'Fsb .

Professor Draghi, ritiene che la crisi sia stata superata?

No, non credo. Forse però abbiamo toccato il fondo. La Cancelliera Merkel una volta ha fatto bene il punto della questione, dicendo che la crisi finanziaria sarà passata quando saremo ritornati al livello di due anni fa. E ne siamo ancora ben lontani.

Non è allora il momento di riformare le regole del sistema finanziario? Appena le cose miglioreranno lo slancio si indebolirà.
Sì, è il momento giusto per mettersi d'accordo sulle riforme. Alcune regole possono essere introdotte immediatamente e senza grossi rischi. Per esempio quelle relative alle remunerazioni, alla nuova architettura della vigilanza, all'estensione della vigilanza agli enti non bancari rilevanti a livello sistemico. Quando invece si tratta di definire le regole sulla base patrimoniale delle banche, la riforma di Basilea 2 dobbiamo prima di tutto esaminare con attenzione le possibili conseguenze. Inoltre, dobbiamo considerare che un'attuazione troppo precipitosa potrebbe avere conseguenze procicliche. Ciò significa che una regolamentazione più rigorosa sul capitale potrà essere realizzata solo gradualmente.

Le banche tedesche e altre banche europee temono le conseguenze di alcune delle norme previste sul capitale. Tra l'altro è controversa l'introduzione di un massimale di leva finanziaria per le banche, il cosiddetto "leverage ratio". Il capitale necessario dipenderebbe non solo dai rischi ma anche dal totale di bilancio. Le banche europee presentano spesso somme di bilancio più consistenti di quelle americane e temono pertanto di essere svantaggiate. In tale dibattito si sta muovendo qualcosa a favore delle banche europee?
Le esperienze raccolte con Basilea II hanno dimostrato che quelle regole possono portare a leve finanziarie difficilmente gestibili. Pertanto, quelle regole vanno integrate con un metro di misura più semplice; ma certo occorre che le definizioni contabile del loro campo di applicazione siano le stesse ovunque.

Un'altra possibilità sarebbe quella di modificare la ponderazione dei rischi nel regime di Basilea II, in modo tale che le banche, diversamente da quanto fatto finora, debbano mantenere capitale anche per investimenti ritenuti sicuri.
Il processo di riforma di Basilea II è già in corso ed è il nostro progetto di gran lunga più importante. Quelle regole sono uno strumento molto complicato per la misurazione del rischio. Sarebbe quindi utile disporre di uno strumento più semplice. Lo potrebbe essere il "leverage ratio". I timori più grandi in questo contesto riguardano le definizioni. Dobbiamo trovare definizioni uniformi, altrimenti non avrebbe senso introdurre un tetto massimo per la leva finanziaria in tutto il mondo. Io sono molto ottimista. Una volta chiarite le ambiguità che, ad esempio, risultano dall'esistenza di regole divergenti sulla compilazione dei bilanci, dovremmo essere in grado di metterci d'accordo sull'introduzione di una leva finanziaria.

E' anche una questione di vantaggi e svantaggi a livello di concorrenza internazionale?
Non direi. Non si tratta di un dissenso tra Europa ed America. Più di 20 paesi, tra i 27 rappresentati nel Comitato di Basilea, sono d'accordo su quasi tutte le regole. E' semplicemente una questione di chiarezza. Quando ci si mette d'accordo su un programma si vuole essere assolutamente sicuri che tutto avvenga su un piano di parità. A tale scopo ci vogliono definizioni uniformi o comparabili Tuttavia, ciò non sarà facile e avrà bisogno di tempo.

Un'altra questione controversa riguarda le norme previste per la qualità della base patrimoniale delle banche. I tedeschi temono che in futuro i conferimenti taciti e i prestiti ibridi non saranno più inclusi nel "core capital". Sarà così?
Per le banche quotate in borsa, solo gli utili accantonati a riserva e i titoli azionari saranno considerati core tier-1. Per le banche non quotate in borsa vi saranno regole simili ma adatte al contesto diverso. L'idea è quella di escludere forme ibride di capitale e di concentrarsi sul "common equity". Ciò è semplice per le banche quotate in borsa; per tutte le altre vanno ancora individuate soluzioni dettagliate.

  CONTINUA ...»

06 ottobre 2009
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