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Paura di un effetto contagio
sulle nazioni più indebitate

di Alessandro Merli

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27 Novembre 2009


La richiesta di moratoria di Dubai World ai suoi creditori ha scosso ieri i mercati obbligazionari, mettendo sotto pressione il debito sovrano di diversi paesi. Molti osservatori di mercato sono però cauti per ora nel parlare di un vero e proprio contagio. «Non c'è un impatto sistemico - diceva ieri una fonte monetaria - né per quanto riguarda il debito sovrano, né per quello che riguarda le banche».

Si è diffuso tuttavia un forte nervosismo, dovuto non solo all'incertezza sugli sviluppi della situazione di Dubai World, ma soprattutto al fatto che si tratta di una holding di proprietà dello Stato. La percezione della sua solvibilità si era sempre retta sulla convinzione che comunque il governo di Dubai sarebbe intervenuto a tenere a galla il gruppo e che Abu Dhabi, il più ricco degli Emirati Arabi, avrebbe spalleggiato il suo vicino. L'annuncio di mercoledì di un congelamento per sei mesi dei debiti della holding di stato ha spezzato questa catena.
Le autorità dell'emirato hanno cercato di rassicurare gli investitori.

«Comprendiamo i timori dei mercati e dei creditori - ha detto in comunicato lo sceicco Ahmed bin Saeed al-Maktoum, presidente del Consiglio supremo dell'economia - ma dovevamo intervenire per avviare un'azione decisiva sui debiti di Dubai World». In mattinata il governo aveva anche annunciato che dal piano di ristrutturazione della società era esclusa Dp World, colosso che controlla 49 porti in 31 paesi e senza problemi finanziari. All'inizio del mese, l'agenzia di rating Moody's aveva diffuso una nota, sottolineando la distinzione fra la capacità di far fronte ai propri impegni finanziari della holding e quella dell'emirato di Dubai, ma sui mercati non tutti erano dello stesso avviso.

I credit default swap, lo strumento usato per assicurare contro l'eventualità di una insolvenza, sono balzati negli ultimi due giorni da 318 a 500 sul debito di Dubai, toccando ieri anche quota 570. Questo significa che l'assicurazione contro il default di 10 milioni di dollari di debito dell'emirato costa ora 500mila dollari, contro i 318mila di martedì. La credibilità di un sostegno di Abu Dhabi a Dubai per le sue necessità di finanziamento è seriamente danneggiata, sostenevano ieri gli analisti dei mercati emergenti di Barclays Capital, che fino a qualche settimana fa erano convinti del contrario. In forte aumento anche i Cds sul debito di Abu Dhabi (a 155, secondo le rilevazioni di Cma), del Bahrain (a 225), del Qatar (a 114) e dell'Arabia saudita (a 108), ma la preoccupazione fondamentale sulle finanze di questi paesi resta tutto sommato limitata.

Le ripercussioni, in parte amplificate dalla chiusura di diversi mercati per la festività islamica dell'Eid al-adha e dall'assenza di liquidità per la vacanza di Thanksgiving negli Stati Uniti, sono andate tuttavia ben al di là della regione del Golfo. Lo dimostrano la risalita del dollaro, che come sempre viene visto come moneta rifugio nei momenti di maggior avversione al rischio, e i flussi di acquisti di Bund, i titoli di Stato tedeschi. Tendenza opposta per i paesi dell'area dell'euro che da qualche tempo sono nel mirino dei mercati per la preoccupazione sui loro conti pubblici: in primis la Grecia, già sotto pressione nei giorni scorsi per le notizie negative sul bilancio e le incognite sul suo sistema bancario, e il cui spread rispetto alla Germania è salito da 182 a 200 punti base, e in subordine l'Irlanda.

Come sempre avviene in casi di eventi a sorpresa, c'è stato un effetto a cerchi concentrici, che è andato a toccare il debito di alcuni paesi giudicati meno solidi nelle finanze pubbliche o in qualche caso troppo dipendenti da finanziamenti esterni: l'impatto del caso Dubai si è quindi fatto sentire in qualche misura anche sul debito di Turchia, Ungheria e Russia. Ancora più lontano, su Sudafrica, Vietnam e Indonesia.

Non c'è stata però una vendita indiscriminata di debito sovrano dei paesi emergenti, che anzi, nella recente crisi, era apparso meno vulnerabile di quello dei paesi avanzati. Molti di questi hanno infatti compiuto sforzi estremamente pesanti a carico dei conti pubblici per salvare i sistemi finanziari, mentre molti emergenti avevano dedicato gli ultimi anni a risanare i bilanci statali dopo le crisi precedenti. L'ampliamento degli spread sul debito sovrano era già in corso da qualche tempo e l'evento di Dubai ha contributo a fornirgli ulteriore impulso.

27 Novembre 2009
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