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Chi vince (e chi no) dopo Lehman

di Vitaliano D'Angerio

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8 Novembre 2009

Scandali finanziari e crack bancari. La crisi economica, provocata dall'avidità di alcuni manager e banchieri, ha acceso la «scintilla etica» tra molti risparmiatori. In Europa, come segnalato dal tradizionale rapporto della società francese Vigeo, vi è stato nell'ultimo anno un aumento del 27% (da 48,7 a 53,2 miliardi di euro) dei patrimoni investiti in fondi socialmente responsabili. Francia, Germania, Gran Bretagna e Belgio i più virtuosi.
I fondi etici stanno quindi acquistando un ruolo sempre più importante nel Vecchio continente. C'è stato un effetto Lehman Brothers tra i piccoli investitori? «Il fallimento della banca d'affari americana ha avuto ripercussioni positive sulla consapevolezza dei risparmiatori – afferma Gianluca Manca, presidente dell'asset management working group voluto dalle Nazioni Unite –. Ha innescato la richiesta di maggior trasparenza. Così questi fondi hanno oggi un potenziale bacino di utenza più ampio».
Siamo dunque andati a dare un'occhiata ai risultati realizzati dai prodotti etici collocati nella penisola (italiani e non) per capire come si sono comportati da quel fatidico 15 gennaio 2008, giorno dell'annuncio del fallimento Lehman . I dati (fotografati al 2 novembre 2009) riportati nella tabella in pagina sono tutti al lordo delle imposte. Innanzitutto c'è da segnalare, nel periodo considerato, il buon andamento dei fondi etici specializzati nell'obbligazionario euro (ad eccezione di un'azionario Asia-Pacifico). Sul versante opposto vi sono prodotti quasi tutti focalizzati sull'azionario globale con perdite a doppia cifra.
Quindi, come per tutti i prodotti finanziari, anche nel settore dei fondi «sostenibili» c'è da selezionare e investire in modo diversificato, sulla base del proprio profilo di rischio. Senza dimenticare che le performance passate danno un'indicazione ma non una certezza sui risultati futuri. Va però sfatato un luogo comune secondo il quale i prodotti etici costano di più. Sembra invece il contrario: si risparmia in media lo 0,28% in base a quanto emerge da una ricerca realizzata nell'università di Bari (vedi intervista in basso).
Quindi i risultati ci sono (ma bisogna sempre selezionare) e i costi sono sotto controllo. Perché dunque l'Italia è assieme alla Spagna in coda ai paesi europei che investono in fondi sostenibili? «Chi li propone, spesso non è preparato e non c'è un grande impegno commerciale da parte delle reti – afferma Federico Pezzolato csr auditor di Vigeo Italia –. Allo stesso tempo i fondi etici italiani hanno una proposizione di valore ambigua. Alcuni fanno beneficenza con parte delle commissioni, altri invece sostengono di investire con criteri di responsabilità sociale. In generale, però, vi è poca chiarezza».
A giocare un ruolo chiave devono essere allora i grandi investitori istituzionali e qualcuno (fondazione Cariplo, per esempio) si sta già muovendo in tal senso. «Per allargare la domanda italiana – aggiunge Manca – è necessario un coinvolgimento di fondazioni, casse di previdenza e fondi pensione. Ciò amplierebbe gli effetti di una buona gestione delle risorse finanziarie a medio lungo termine, rendendo il sistema più sostenibile». Gli esperti di Vigeo ricordano quello che ha fatto il presidente Nicolas Sarkozy: ha obbligato fondi ed enti pubblici, tra cui l'equivalente dell'Inail italiana, ad investire in base a criteri di responsabilità sociale. Anche per questo Parigi è al primo posto (14 miliardi) in Europa per investimenti etici.

8 Novembre 2009
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