Iqaluit è «il posto dei molti pesci», nella lingua degli Inuit. Ma per molti gruppi ambientalisti è il posto da cui può partire una campagna per sensibilizzare l'opinione pubblica mondiale sui costi ambientali ed economici dello scioglimento dei ghiacchi dell'Artico.

La scelta della presidenza canadese di puntare sulla capitale del Nunavut, la regione del Grande Nord, per la riunione del G-7 è stata considerata da molti un'eccentricità, ma per il governo di Ottawa, come ha ribadito il ministro delle Finanze Jim Flaherty, «una delle priorità è riaffermare la sovranità sull'Artico». Per gli studiosi dell'ambiente, la posta in gioco è ben più alta. Non tanto per l' "impronta di carbonio" creata dalla riunione e denunciata da alcuni ambientalisti, cioè l'inquinamento addizionale provocato dal meeting, la cui durata supera di poco le ventiquattr'ore: trecento persone in tutto, tra delegazioni e media, la maggior parte arrivata qui sui normali voli di linea, e un aumento tutto sommato modesto delle forniture per alberghi e ristoranti.

Il punto invece è lo scioglimento dell'Artico. «L'incontro di Iqaluit - dice Eban Goodstein, un economista direttore del centro sulle politiche ambientali del Bard College di New York e coautore di un rapporto diffuso ieri dalla think tank Pew Environment - può far aprire gli occhi ai ministri dei più importanti paesi industriali sulla rilevanza delle condizioni dell'Artico per il clima globale. Sorvolando la distesa dei ghiacchi, nel volo di tre ore da sud, avranno visto neve bianca e neve nera, segno di scioglimento delle nevi, del ghiaccio, del permafrost, che contribuisce più di ogni altro fattore al riscaldamento globale».

Lo studio stima che lo scioglimento dell'Artico equivalga, per il solo 2010, a pompare nell'atmosfera 3 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, pari al 40% delle emissioni industriali degli Usa o a quelle di 500 centrali a carbone. «Perdere l'Artico sarebbe come perdere il condizionatore che raffredda tutta la terra», dice Goodstein. Lo studio tenta per la prima volta una stima del costo economico dello scioglimento dell'Artico e lo quantifica in almeno 61 miliardi di dollari per quest'anno e un totale di 2.400 miliardi di dollari entro il 2050.

Ma sotto l'Artico ci sono petrolio e gas, più facilmente sfruttabili con lo scioglimento dei ghiacci, che favorirebbe anche l'apertura del leggendario "passaggio a Nordovest" e la posa di un cavo in fibra ottica da Tokyo a Londra (ci stanno pensando due società controllate da Inuit dell'Alaska). Al big business l'Artico piace caldo.