A parlare così è Giorgio Riccucci, amministratore delegato del Gruppo Ubs Italia che, con oltre 19 miliardi di masse in portafoglio da bilancio 2008 e una rete di 150 private banker, guida la classifica delle branch estere del wealth management dove ha una quota di mercato del 2%. E anche in occasione dello scudo ter, che fonti ministeriali danno superiori agli 8,5 miliardi tra rimpatri e regolarizzazioni portati a termine a livello di gruppo (inclusi quelli della fiduciaria), si colloca ai primi posti a livello di sistema Italia.
Addirittura mancata opportunità...E per che cosa in particolare?
Sì, certo: oggi ci sono delle condizioni che favoriscono l'investimento azionario rispetto ad altre asset class più che in un altro momento storico e gli investitori non devono mancare questa occasione di guadagno. Da un lato i segnali che la ripresa economica è in corso sono evidenti, dall'altro sui listini ci sono valutazioni basse o comunque attraenti, a fronte di società che hanno nel medio termine ottime possibilità di crescere e di apprezzarsi sui listini guida del mondo (in primis Asia e America). Al contrario tenere i propri investimenti sulla liquidità significa rendimenti vicini allo zero. Sul fronte obbligazionario, a eccezione dei corporate bond, al massimo si riesce a portare a casa un 2 per cento.
Insomma, anche se in molti investitori la ferita per le perdite subite nel recente passato proprio con l'investimento azionario sono ancora aperte, è opportuno rivedere portafogli e propensione al rischio?
Consideri che per tradizione l'investitore italiano ha una propensione al rischio più bassa che altrove ma oggi questa è ai minimi: profili di rischio moderato che dovrebbero avere un'esposizione azionaria intorno al 10% oggi ne presentano in media una intorno al 2%. Il che significa che nella maggioranza dei casi si tratta solo riportare le cose alla normalità ed intervenire certamente sul fronte obbligazionario.
Quindi, nel dettaglio come consigliate di investire in questa fase?
Per la componente azionaria consigliamo di stare su Asia e paesi emergenti tra il 20 e il 30% prevalentemente ricorrendo a fondi comuni specializzati; per il 40% sul listino americano e per il restante sull'Europa. Qui si può operare con un investimento diretto in azioni. Nella seconda parte dell'anno molto probabilmente sarà opportuno riallocare fino al 50/55% sugli Stati Uniti. Per la parte obbligazionaria, invece, si deve andare su tassi variabili, ridurre la duration e diversificare con fondi high Yield e corporate.
Ricorrete ai prodotti strutturati?
Molto poco: sono tra i prodotti meno trasparenti, sull'intero portafoglio della banca pesano al massimo un 3 per cento.
Siamo entrati da più di un mese nella fase dello scudo 4. Come portate avanti la consulenza agli investimenti?
Pensiamo che con lo scudo ter la gran parte di capitali ancora all'estero siano rientrati. Nel nostro caso per il 95/96% si è trattato di capitali veri e propri. Anche perché per le cose complicate non c'era tempo. È probabile che ora ci si concentrerà sul resto (immobili, partecipazioni societarie). Quanto alla consulenza agli investimenti, in linea con la Mifid e le intenzioni delle authority da tempo abbiamo adottato contratti mediante i quali il cliente paga una fee annuale sulla consulenza attiva. La consulenza strumentale è di prassi su tutti i prodotti a catalogo, mentre sulla raccolta ordini non consentiamo la execution only. Quindi, anche in questo caso il cliente va sottoposto al questionario sull'appropriatezza.
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