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Il sentore dei Cds sul crack Lehman

di Marcello Frisone

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9 gennaio 2010


Uno dei maggiori crack finanziari, sicuramente il più grande stando agli effetti che ha avuto sui mercati mondiali, è entrato di recente nelle aule giudiziarie. E uno dei maggiori rischi nelle cause per i risarcimenti Lehman è che i giudici accentrino l'attenzione soltanto sulla questione del rating e non prendano in considerazione altri elementi più significativi come il valore dei Credit default swap (Cds) prima del fallimento. Così è stato, infatti, in una sentenza del Tribunale di Venezia del 5 novembre 2009 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 15 dicembre 2009).

La sentenza veneziana
Il Collegio lagunare ha respinto la domanda di una risparmiatrice che, sette mesi prima del default, aveva investito in obbligazioni Lehman. In particolare, la banca è stata convenuta in giudizio per aver eseguito un'operazione inadeguata al profilo di rischio dell'investitrice. Tuttavia, i giudici veneziani hanno osservato che alla data d'acquisto dei bond (8 febbraio 2008) Lehman Brothers aveva un rating molto elevato e che quindi «il mercato finanziario non ha mai avvertito, prima dell'irreparabile, i sintomi del default; diversamente il rating Lehman sarebbe precipitato ben prima». In altre parole, per i giudici veneti, il default era imprevisto ma soprattutto imprevedibile.

Il reale valore del rating
«La sentenza - osserva l'avvocato Marco Rossi, managing partner dello studio legale e tributario Rossi Rossi & Partners di Verona - non è condivisibile, ma l'esito negativo per l'investitrice potrebbe essere dovuto anche a un difetto di prova su alcuni elementi fondamentali per dimostrare la responsabilità della banca. È vero che, nei giudizi di risarcimento dei danni, spetta alla banca provare di aver usato la diligenza necessaria a evitare l'evento dannoso, ma in un caso peculiare come quello di Lehman è consigliabile che il danneggiato dimostri che la banca sapeva (o avrebbe dovuto sapere, usando la particolare diligenza richiestale per legge) che lo stato di salute di Lehman Brothers si era notevolmente compromesso già dal 2007. È vero - prosegue Rossi - che le agenzie di rating hanno mantenuto l'investment grade fino alla data di fallimento, ma a questa circostanza va dato il giusto peso e va comunque correlata con le altre informazioni di cui le banche disponevano su Lehman».
I rating ufficiali, come contestato da più parti negli ultimi tempi, sono indicatori imperfetti dello stato di salute finanziaria di una società per due motivi: e le agenzie sono molto prudenti nel cambiare il rating (soprattutto al ribasso), per timore di doverlo in seguito ritrattare; r proprio a causa della spropositata importanza di queste società di valutazione, un eventuale downgrading potrebbe essere una sorta di "profezia che si autoavvera". «Appare riduttivo - prosegue Rossi - dare risalto soltanto a un aspetto (il rating) e non evidenziare altri elementi molto più indicativi. Le agenzie non sono a prova d'errore ma soprattutto non sono in grado di rilevare tempestivamente ogni variazione dello stato di salute delle società valutate».
Sembra quindi opportuno che, in queste cause, il risparmiatore dimostri, con una perizia predisposta da consulenti finanziari indipendenti, che i dati di mercato evidenziavano chiaramente che la probabilità di default di Lehman era aumentata notevolmente già a partire dal 2007. Le banche, dunque, avrebbero dovuto avvertire i propri clienti di questo deterioramento.

La crisi di Lehman era nota
Che la crisi di Lehman fosse prevedibile, lo testimoniano molti articoli giornalistici che evidenziavano (ben prima del fallimento) come il mercato scontasse un deterioramento drammatico dello stato di salute della banca d'affari. «Per poter condurre una causa contro la banca che ha venduto i bond o contro il «Consorzio Patti Chiari» (una causa collettiva contro quest'ultimo sarebbe in dirittura d'arrivo a Milano, si veda «Il Sole 24 Ore» del 2 gennaio scorso, ndr) - sottolinea Rossi - è necessario utilizzare in giudizio altri elementi per evidenziare al giudice che la banca sapeva o avrebbe dovuto sapere (in quanto operatore qualificato obbligato a conoscere i titoli che vende e a monitorarne la qualità nel corso del rapporto con il cliente). Tra gli elementi a disposizione di qualsiasi banca che evidenziavano chiaramente l'aumento della probabilità di default di Lehman - conclude Rossi - vi sono i credit spread quotati per i Cds dei titoli Lehman nonché il prezzo stesso dell'obbligazione. In particolare, il valore degli spread era aumentato notevolmente già un anno prima del fallimento. Anche l'analisi dei dati di bilancio della banca evidenziava un'elevata probabilità di fallimento fin dal 2007».

m.frisone@ilsole24ore.com

9 gennaio 2010
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