Non è la prima volta che le Fondazioni incrociano in modo problematico il riassetto permanente delle Generali. Nel novembre 2003, un duro commento di Francesco Giavazzi sul «Corriere della Sera» («La politica, le Generali e uno strano emendamento»), denunciava una norma della Finanziaria 2004: che riduceva i casi di incompatibilità tra cariche di vertice in una fondazione e incarichi negli organi di società bancarie conferitarie o loro controllate. In dettaglio, sottolineava Giavazzi, era finalizzata a «sanare la posizione del presidente della Fondazione Cariverona, Paolo Biasi, membro del consiglio e dell'esecutivo delle Generali». Augurandosi che l'emendamento approvato dal Senato venisse poi cancellato dalla Camera (il che puntualmente avvenne poche settimane dopo), Giavazzi stigmatizzava: «Gli amministratori delle fondazioni sono in parte cooptati, in parte scelti dai consiglieri in carica all'interno di terne indicate da enti pubblici. Ora, con il beneplacito del governo, hanno fatto in modo che venisse scritta una norma che consente loro di occuparsi di quanto a loro davvero interessa: né l'arte, né la ricerca, né la medicina, bensì il potere nella finanza».
Quasi negli stessi giorni, a onor del vero, la Corte costituzionale emanava due sentenze che chiudevano il lungo confronto tra il ministro dell'Economia Giulio Tremonti e l'Acri, riconoscendo alle Fondazioni l'autonomia privata e lo statuto di «organizzatrici delle libertà sociali», attrici primarie della sussidiarietà. Ciò che le 81 Fondazioni dell'Acri hanno fatto a ritmi medi di 1,5 miliardi di erogazioni all'anno e di investimenti miliardari nella Cassa Depositi e prestiti e nei fondi di sviluppo "satelliti". Da allora sono passati sei anni, le Fondazioni sono tra le poche sopravvissute alla Grande crisi del capitalismo di mercato e oggi sono loro – forse più di prima – a presidiare il controllo e a decidere la governance delle grandi banche (Intesa, UniCredit, Mps). E l'ingresso della Fondazione Crt ("gemella" di CariVerona in UniCredit) nel grande azionariato delle Generali sancisce una lunga fase di ripensamento sul ruolo delle Fondazioni: inatteso e, chissà, forse indesiderato per gli stessi enti. Nessuno, comunque, mostra di lamentarsene più. Mentre i leader delle Fondazioni sono ormai autonomi anche nel rammentare i loro vari "statuti": che prescrivono di gestire bene i patrimoni, farli fruttare e distribuirli sui territori.