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Aziende più liquide a Piazza Affari

di Laura Galvagni e Marigia Mangano

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21 Marzo 2010
Aziende più liquide a Piazza Affari

«Nel corso del 2009 abbiamo generato flussi di cassa molto importanti, 1,5 miliardi, contribuendo a incrementare la larga base di liquidità del sistema». Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat, spiega con questa sintesi la strategia seguita dal Lingotto nell'ultimo anno. Una politica che è stata messa in atto da gran parte dei gruppi industriali del paese. Con un obiettivo preciso: migliorare la flessibilità finanziaria e avere a disposizione risorse adeguate per coprire le scadenze dei debiti a medio termine. A parlare sono i numeri: secondo un'elaborazione del Sole 24 Ore le 27 principali società industriali di Borsa hanno un'esposizione complessiva di 174 miliardi contro disponibilità liquide per poco più di 38 miliardi.
A grandi linne l'identikit di una struttura finanziaria equilibrata prevede che i debiti di norma non superino di due-tre volte l'ebitda, che tradotto significa che le scadenze a breve siano pari al 15-20% del debito complessivo. Applicando questo principio all'esposizione dei gruppi quotati il debito a breve dovrebbe aggirarsi tra i 25 e i 34 miliardi. La soglia critica, dunque, è coperta dalle disponibilità attualmente nelle casse delle società. In più, se si guarda la capitalizzazione dei big coinvolti nell'analisi si ottiene un dato complessivo di 245 miliardi, il che significa che il 15,5% del valore di Borsa delle aziende è rappresentato dalle disponibilità liquide. La fotografia di gruppo sembra quindi rivelare la presenza nei portafogli delle aziende di mezzi sufficienti a sostenere lo sviluppo. Anche se, data la situazione congiunturale, la cautela sembra essere il leit motiv che ha portato all'accumulo di cassa.
Fiat, per certi versi, rappresenta assieme a un manipolo di privilegiati, un esempio di equilibrio all'interno del gruppo di big di Piazza Affari. A fronte di debiti per 15,8 miliardi, ha a disposizione 12,4 miliardi di liquidità che coprono abbondantemente i 4,4 miliardi di debiti industriali. Ci sono poi situazioni limite in cui la cassa è fin troppa. Vedi l'ormai noto caso Parmalat che oggi, rispetto alla cassa millantata ai tempi di Calisto Tanzi, può davvero contare su ben 1,3 miliardi di liquidità con un'esposizione praticamente vicina allo zero. Altrettanto vale per i Rocca cui fa capo la galassia Tenaris. In questo caso la dinastia poggia su 2,1 miliardi di denari subito disponibili.
Le buone intenzioni di una ricerca virtuosa della flessibilità finanziaria, specie nell'attuale scenario economico, si scontrano alle volte con una realtà più complessa. Italcementi per esempio ha appena raccolto sul mercato obbligazionario 750 milioni, operazione che ha portato l'allungamento della scadenza media da quattro a cinque anni. È anche vero però che il collocamento è andato a sanare una situazione complessiva che si reggeva su un equilibrio a detta di alcuni analisti delicato. A fine 2010 ci sono 532 milioni di debiti in scadenza a fronte di disponibilità liquide per 547 milioni, l'anno successivo altri 193 milioni, mentre la fetta più consistente è concentrata con scadenza tra i due e i tre anni ed è pari a 1,5 miliardi. Va sottolineato però che il gruppo dispone di 1,9 miliardi di linee di credito confermate e non utilizzate che garantiscono una buona flessibilità.
È invece un tema dibattutto da anni il debito di Telecom Italia. Il gruppo tlc guidato da Franco Bernabé a fine 2009 aveva 34 miliardi di debito mentre la liquidità al 30 settembre risultava pari a 5,8 miliardi, sufficiente, come spiega la società nella relazione dei nove mesi, a coprire insieme a linee di credito non utilizzate per un importo di 6,5 miliardi le scadenze dei prossimi 18 mesi.
Un caso che, sulla carta, appare quasi limite è quello di Snam Rete Gas: 9,9 miliardi di debiti contro una cassa di 15 milioni. In realtà, le cose stanno diversamente da come appaiono. Innanzitutto perché le scadenze a lungo termine rappresentano la quasi totalità dell'esposizione, circa 7,5 miliardi contro i 914 milioni da rimborsare nel 2010, e poi perché la situazione eccezionale si è venuta a creare a seguito dell'acquisizione e del consolidamento di Italgas e Stogit. Senza contare che Snam, ogni anno, produce qualcosa come 1,5 miliardi di euro di flussi di cassa e che gli oneri finanziari si sono ridotti sensibilmente nell'ultimo anno per effetto di una diversa combinazione tra fisso e variabile, tanto che il tasso medio per le scadenze di lungo periodo è sceso al 3,5% dal precedente 4,2%. Più complicata, invece, la situazione di A2A, che non a caso ha messo in agenda un piano di dismissioni che prevede tra le altre la vendita del pacchetto in Alpiq per recuperare mezzi freschi. L'utility ha chiuso l'anno con 4,6 miliardi di debiti a fronte di 35 milioni di euro presenti in cassa alla fine dei nove mesi e di flussi finanziari da attività operative per 365 milioni. Non è una situazione limite, ma di certo non lascia ampio spazio agli investimenti.

21 Marzo 2010
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