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Eni, investimenti per 53 miliardi in quattro anni

di Giuseppe Oddo

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13 Marzo 2010

Il traguardo dei 2 milioni di metri cubi di estrazione giornaliera di idrocarburi sarà battuto nel 2013. Da qui ad allora l'Eni stima un tasso di incremento medio della produzione del 2,5% l'anno. E dal 2013 al 2016 la crescita produttiva è prevista al di sopra del 2% l'anno. Sono alcuni dei numeri chiave del piano strategico quadriennale del gruppo guidato da Paolo Scaroni.
Tra il 2010 e il 2013 gli investimenti sfioreranno i 53 miliardi, e l'incremento dell'8% rispetto al piano precedente sarà interamente destinato alla divisione Esplorazione & Produzione, in modo particolare a Iraq e Venezuela, paesi da cui è atteso un importante contributo produttivo. I costi sono invece stimati in calo di 2,4 miliardi, con risparmi che superano di un quinto quelli del precedente piano.
La compagnia controllata al 30% dallo Stato, che prevede di distribuire un euro di dividendo nel 2010, metterà in esercizio entro il 2013 quarantuno nuovi campi di petrolio e di gas pari all'incirca a 560mila barili equivalenti al giorno. «La nuova produzione risulterà profittevole – si legge nel piano – con un prezzo del barile intorno ai 40 dollari».
Alla domanda perché il gruppo continui a posporre di anno in anno il record dei 2 milioni di barili inizialmente previsto per il 2008, Scaroni ha risposto che le prime otto major mondiali (ExxonMobil, Shell, ChevronTexaco, Bp, Total, Repsol, ConocoPhillips e Eni) hanno prodotto nel 2009 meno di quanto realizzavano nel 2004, mentre nello stesso periodo la produzione dell'Eni è cresciuta dell'1,7 per cento. Scaroni ha rimarcato la diversità dell'Eni, che a differenza delle altre major internazionali ha una robusta presenza nel gas e nelle attività di ingegneria, e ha difeso le scelte intraprese con la sua nomina ad amministratore delegato (giugno 2005). Si sono in particolare rivelate «felici» a suo giudizio, tanto la decisione di non vendere, ma anzi rafforzare la Saipem, «che ha avuto in questi anni un ritorno del 210%», quanto quella di non cedere Snam Rete Gas, «che ha avuto un ritorno del 65%».
Alla Knight Vinke, azionista dell'Eni, che spinge per una netta separazione delle attività di vendita del gas da quelle nell'upstream petrolifero, ha risposto in modo indiretto il presidente del gruppo, Roberto Poli, sostenendo che la proposta del fondo Usa sarebbe di pertinenza di governo e parlamento e che anche nell'ipotesi, per ora assolutamente teorica, di una scissione o vendita della rete «il governo dovrebbe comunque farsi carico che questi beni andassero in mani sicure, dotate di capacità di gestione e competenza tecnica».
Nel piano è previsto che le vendite di gas dell'Eni aumentino in media del 3% l'anno per raggiungere i 118 miliardi di metri cubi nel 2013, pari a una quota del mercato europeo di oltre il 22 per cento.
Sul rischio di ingerenze politiche nella gestione, l'amministratore delegato della compagnia ha ribadito che le maggioranze di centro-destra e di centro-sinistra che si sono alternate hanno avuto entrambe «comportamenti eccellenti», anche se ha sottolineato che «una grande azienda come la nostra è sempre legata alla politica del proprio paese» e che il rapporto che c'è tra l'Eni e il governo italiano è lo stesso di quello che lega la Total al governo francese o le major d'oltreoceano al dipartimento di Stato Usa.
A proposito dell'offensiva dei legali della ex Yukos, che sono ricorsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo per un indennizzo, accusando il governo russo di aver provocato illecitamente la bancarotta della società, Scaroni ha detto che in questa vicenda il rischio per l'Eni è «pari a zero». Il gruppo ha acquisito con l'Enel, in un'asta giudiziaria, alcune attività della ex Yukos.
L'Eni cederà nel 2010 attività per 3 miliardi, tra cui le quote nei metanodotti internazionali Tag, Tenp e Transitgas.

13 Marzo 2010
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