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IL SOGNO DI SCHÄUBLE /
L'ordine euro regna a Berlino?

di Wolfgang Münchau

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16 marzo 2010

Sono rimasto disorientato quando Wolfgang Schäuble, il ministro dell'Economia tedesco, ha proposto la creazione di un Fondo monetario europeo. Non me lo aspettavo. Era un tentativo di distogliere l'attenzione dall'imminente salvataggio greco, come mi ha suggerito un attento osservatore? Improbabile. O forse era il segnale di un cambiamento reale della posizione tedesca? Mi ero perso qualcosa? Quando ho letto tutta la proposta nei dettagli le idee mi si sono chiarite (o forse la confusione è aumentata ulteriormente). Mi sono reso conto che il Fme è solo una cortina fumogena.
La sostanza vera della proposta di Schäuble è quella di consentire agli stati di lasciare l'euro senza lasciare l'Unione Europea. Questo non vuol dire aiutare i paesi in difficoltà. Vuol dire aiutarli ad andarsene. Il messaggio politico che lancia Schäuble è che la Grecia sarà l'ultimo salvataggio. Man mano che procedono i preparativi per il salvataggio, l'opinione pubblica tedesca diventa sempre più ostile. Se il piano proposto da Schäuble fosse già in vigore, la Grecia avrebbe già imboccato l'uscita.

È difficile, leggendo la proposta, immaginare una situazione in cui un paese possa trovarsi contemporaneamente nella condizione di soddisfare i criteri indicati per poter ricevere aiuto e avere bisogno di quell'aiuto.
La posizione della Germania è trasparente, coerente e sbagliata. La Corte costituzionale tedesca l'ha ribadita a più riprese. L'opinione generale in Germania è che la moneta unica deve poggiare sui due pilastri gemelli della stabilità dei prezzi e della disciplina di bilancio. Logicamente, un atteggiamento del genere implica che qualunque risanamento dei conti deve arrivare tramite il settore privato o gli scambi con l'estero. Il contesto globale corrente non rende verosimile quest'ultima opzione, dunque tutto l'onere dell'aggiustamento dovrà ricadere sul settore privato. Se rimanere nell'euro diventerà intollerabile, uscirne diventerà il meccanismo per risolvere le situazioni di default. E una volta introdotta la possibilità giuridica di un'uscita dall'euro, è tutta la dinamica politica ed economica e il pericolo di un'uscita può trasformarsi in una profezia che si autorealizza. Questo scenario non si applica soltanto alla Grecia, ma a una serie di paesi che hanno perso competitività nei confronti della Germania.
Prima davo per scontato che la Germania avesse un interesse nazionale a preservare l'integrità della zona euro, perché i suoi esportatori sono quelli che beneficiano più di chiunque altro dalla stabilità del tasso di cambio. Ergo, pensavo, la Germania (retorica a parte) farà tutto quello che serve per impedire che Eurolandia si disgreghi, perché è la cosa più razionale da fare. Ma probabilmente mi sbagliavo.

Il piano Schäuble non contiene nessuna misura vincolante per la Germania. Berlino potrebbe continuare a portare avanti senza intralci la sua strategia economica unilaterale che punta allo sradicamento del deficit di bilancio entro il 2016. Anche se i governi dell'Europa meridionale dovessero decidere improvvisamente di adottare le profonde riforme necessarie, sarebbe difficile riuscire a colmare il divario di competitività rispetto alla Germania, che continua ad allargarsi. Pertanto, non vedo speranze che il piano possa essere accettato politicamente.
Non ci sarebbe nessun problema con un Fme concepito unicamente come meccanismo assicurativo e finanziato esclusivamente, nel loro stesso interesse, dai paesi con disavanzo in eccesso. È una cosa che si potrebbe fare ricorrendo alla procedura di cooperazione rafforzata, che consente a un sottoinsieme di stati membri dell'Ue - la zona euro - di creare istituzioni specifiche.

La proposta di Schäuble richiederebbe, per essere applicata, modifiche radicali ai trattati europei, e in questo momento nessuno ha voglia di percorrere questa strada. Alcuni dei suggerimenti contenuti nel documento sono incredibilmente radicali: privare i paesi che registrano un disavanzo eccessivo del diritto di voto, o sospendere l'erogazione dei sussidi del fondo di coesione dell'Ue. Sarebbe impossibile anche solo trovare una maggioranza disposta ad accettare queste proposte, figuriamoci l'unanimità (come sarebbe necessario per di cambiamenti di questo genere). Inversamente, dubito che la Germania accetterebbe la creazione di un meccanismo formale per il salvataggio dei paesi in difficoltà che non sia accompagnato da un rafforzamento del patto di stabilità. La conseguenza più probabile, dunque, è un prolungamento dello stallo.

Da tutto questo pasticcio ricavo due conclusioni. La prima è che un'unione monetaria che comprende 16 stati o più alla fine dovrà unificare concretamente anche le politiche di bilancio, se non vuole andare incontro al fallimento. In teoria, basterebbe un'autorità che dica alla Germania e alla Spagna di cambiare politica. In pratica, però, sarà impossibile costringere grandi paesi sovrani ad adottare determinate misure contro la loro volontà. Il Consiglio europeo in futuro giocherà un ruolo molto più importante dal punto di vista del coordinamento delle politiche, ma saremmo ingenui a pensare che i leader europei possano decidere di affrontare il problema degli squilibri interni quando nemmeno ammettono l'esistenza del problema. Se proprio bisogna affrontare la faticaccia di negoziare un nuovo trattato, puntiamo a un'unione fiscale invece di perder tempo con un fondo monetario truccato. Naturalmente, non succederà.
  CONTINUA ...»

16 marzo 2010
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