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Lucchini è tutta di Severstal

di Simone Filippetti

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05 marzo 2010
Lucchini è tutta di Severstal

La famiglia Lucchini dice definitivamente addio alla storica acciaieria di proprietà che ha scritto un pezzo di storia dell'industria italiana. Il giovane e rampante magnate russo Alexei Mordashov è diventato il solo padrone di tutta la Lucchini: ieri Severstal, il colosso russo dell'acciaio, ha ufficializzato l'acquisto del 20% che ancora gli mancava per arrivare al controllo totale della Lucchini. Passa la mano la famiglia fondatrice. Ma la mossa non è detto preluda a una Lucchini che parla russo. Perchè da un po' di tempo Severstal ha affidato un mandato a Deutsche Bank per vendere il gruppo di Brescia e dire addio all'Italia.
Come anticipato ieri dal «Sole-24 Ore», russi e italiani hanno trovato la quadra su una controversa «put option» che legava le due parti. Lucchini era già diventata russa nel 2005 quando Severstal salvò l'azienda rilevando l'80% del capitale. Ma gli eredi di Luigi Lucchini, ironia della sorte ricordato due giorni fa a Milano con un volume a lui dedicato, erano rimasti ancora dentro l'azienda di famiglia con il 20% a cui era abbinata un'opzione a vendere, al prezzo, secondo indiscrezioni di stampa, di 160 milioni. Un'enormità per un'azienda che oggi appare prostrata per la recessione mondiale: il 2009 avrebbe visto crollare il giro d'affari (numeri non ufficiali circolati tra le merchant bank riferiscono di 900 milioni nei primi nove mesi, quasi un terzo dell'intero 2008), con costi che superano i ricavi (e quindi una perdita già a livello di margine operativo). In più debiti saliti a 430 milioni. La famiglia bresciana, secondo indiscrezioni, non avrebbe avuto alcuna intenzione di rinunciare alla propria put. Ma un cavillo favoriva i russi: se Mordashov fosse uscito di scena prima dell'apertura della "finestra" valida per la put, l'opzione stessa sarebbe decaduta.
Di qui la fretta dei russi nel vendere, ma poi è prevalso il buon senso di trovare un accordo ed evitare un braccio di ferro dannoso per entrambi i soci (la famiglia considerava l'ipotesi di ricorrere al Tribunale per far valere le proprie ragioni). La complessa trattativa, seguita dall'avvocato Delfino dello studio Wilkie Farr&Gallagher e dallo studio Freshfields per conto di Severstal e dall'avvocato Enrico Giliberti dello studio Giliberti Pappalettera Triscornia sul versante della famiglia, ha portato a trovare un accordo che bypassa lo scoglio dell'opzione: Severstal compra direttamente la quota dei Lucchini senza aspettare che scatti la put. Dal canto suo la famiglia ha accettato un prezzo inferiore per il pacchetto: l'agenzia russa Interfax e indiscrezioni riportate dal settimanale «Il Mondo» parlavano di un prezzo di 100 milioni, il che equivarrebbe a uno sconto di 60 milioni sul valore della put.
Con la vendita del pacchetto, anche l'ultimo legame tra la famiglia e l'azienda scompare. Della Lucchini rimane solo il nome, ora i russi ne decideranno le sorti. Fondata nel dopoguerra da Luigi, figlio di un umile artigiano che lavorava il ferro, la Lucchini diventa uno dei principali gruppi siderurgici del Paese e uno dei simboli dell'Italia del boom economico. Di pari passo Luigi diventa una figura di spicco nel salotto buono della finanza milanese, tanto da salire fino alla presidenza della Comit, la Banca commerciale italiana, e di Compart, la holding guidata da Enrico Bondi che negli anni 90 custodisce il pacchetto di controllo della Montedison dopo il crack del gruppo Ferruzzi, coinvolto in Tangentopoli.
Adesso ai tre fratelli Gabriella, Giuseppe e Silvana (che detenevano quote intorno al 6% ciascuno, mentre il padre Luigi conservava un residuale 1,15%) rimane la Lovere Rs, gruppo siderurgico da circa 700 milioni di fatturato che produce acciai speciali. Ieri Giuseppe non ha nascosto l'amarezza per l'uscita dall'azienda fondata dal padre. Il figlio ha coltivato fino all'ultimo il sogno di potersi riprendere l'azienda (e nelle settimane passate l'ipotesi di un riacquisto della Lucchini da parte dei fondatori era circolata come indiscrezione anche sulla stampa), ma alla fine la fretta dei russi di vendere ha impedito il piano. In una lettera ai dipendenti l'esponente della famiglia ha ricordato che già cedere la maggioranza fu «doloroso», ma consentì al gruppo di rimpolpare le casse con 450 milioni di euro. Nei mesi scorsi l'esponente della famiglia si è «impegnata personalmente a cercare una soluzione» per dare «una solida prospettiva al gruppo» coltivando «numerosi contatti con il mondo finanziario, bancario e imprenditoriale». Ora, però, i russi sembrano aver cambiato idea, forse perchè si stanno rendendo conto della difficoltà a trovare un compratore: «Sono aperte tutte le opzioni per il gruppo, compresa anche la cessione» ha annunciato ieri il gruppo, ventilando l'ipotesi di un partner o magari di non vendere più.

LA STORIA
Un protagonista italiano
Il Gruppo Lucchini nasce dalle intuizioni del suo fondatore e attuale presidente onorario, Luigi Lucchini (nella foto), che subito dopo la seconda guerra mondiale sviluppa l'attività del padre costruendo un piccolo laminatoio per la produzione di tondo per cemento armato. Con gli anni dalla dimensione artigianale si passa a quella industriale, investendo in laminatoi sempre più produttivi e realizzando i primi forni elettrici capaci di fondere il rottame e trasformarlo in lingotti d'acciaio, pronti per essere laminati.
  CONTINUA ...»

05 marzo 2010
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