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Moody's: «Italia professionista nella gestione di bassa crescita e alto debito pubblico»

di Isabella Bufacchi

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31 marzo 2010
Moody's: «Italia professionista nella gestione di bassa crescita e alto debito pubblico»


Riuscirà l'Italia a riportare nei prossimi anni i conti pubblici sul cammino virtuoso dell'abbattimento del debito pubblico in rapporto al Pil, in un contesto tutt'altro che favorevole come quello di una crescita debole e fragile? A questa domanda, di quelle che fanno tremare i polsi quando posta alla Grecia o alla Spagna o anche al Portogallo, l'agenzia di rating Moody's risponde senza grandi esitazioni: la sfida è di quelle difficili, certamente, ma l'Italia può contare su "precedenti storici" favorevoli e beneauguranti, in quanto «su un arco temporale di oltre 10 anni l'Italia è riuscita a invertire e stabilizzare il debito pubblico in rapporto al Pil nominale grazie alla riduzione dei costi di finanziamento del debito e soprattutto alla generazione di ampi avanti primari». Dentro la cornice di una crescita contenuta.

In un'analisi pubblicata oggi sulla capacità dell'Italia di invertire la tendenza del debito pubblico, che ha ripreso a crescere rispetto al Pil a causa dalla peggiore recessione dalla seconda guerra mondiale, Moody's riconosce all'Italia la capacità di sapersi muovere entro gli spazi limitatissimi dell'elevata spesa per interessi sul debito. L'Italia, che come non si stanca di ripetere il ministro Tremonti ha il terzo debito pubblico al mondo senza vantare anche il terzo Pil al mondo, è divenuto un paese professionista della gestione dell'alto debito pubblico in un contesto di crescita bassa, pagando sempre puntualmente e integralmente gli interessi e il rimborso dei titoli di Stato.

«L'Italia è riuscita in passato a gestire le limitazioni di bilancio connaturate al contesto di elevato debito pubblico e bassa espansione economica», sostiene Alexander Kockerbeck, senior credit officer autore del rapporto e analista per il rating sovrano dell'Italia, che resta confermato alla "Aa2" con prospettive stabili. «Riteniamo che l'entità dello sforzo richiesta al Paese per tenere sotto controllo il debito pubblico complessivo e i costi del suo finanziametno sia relativamente moderata rispetto ad altri Paesi Ue e non incompatibile per i trascorsi storici».
Il confronto tra l'Italia e gli altri stati dell'eurozona appartenenti alla categoria dei cosiddetti "periferici" fa emergere nettamente le capacità del sistema italiano, radicate in una lunga storia di alto debito pubblico. Moody's ricorda che il debito/Pil italiano crescerà del 14,3% nel quinquennio 2007-2011 (partendo da un livello molto altro, dal 103,5% al 117,8%) contro l'impennata del 71% dell'Irlanda, del 40% della Grecia, del 38% della Spagna e del 27% del Portogallo. «L'Italia è l'unico paese nella zona dell'euro il cui saldo primario - l'indicatore per eccellenza dello stato di salute dei conti pubblici (cioè il saldo tra il totale delle entrate e il totale delle uscite al netto del pagamento degli interessi sul debito) - è previsto con un effetto di riduzione sul debito nel quinquennio in esame».

Per stabilizzare la traiettoria del debito pubblico, puntualizza il rapporto, gli aggiustamenti richiesti all'Italia sono comunque «relativamente contenuti» e peseranno meno in prospettiva sulla ripresa economica e sulla coesione sociale. A sostegno di questa tesi, Moody's richiama le correzioni «brutali» che si renderanno necessarie in quei paesi dove il debito pubblico è schizzato all'insù a causa di enormi deficit primari: è il caso dell'Irlanda (38,4%), Spagna (25,8% Grecia (24,2%), Portogallo (15%) nei cinque anni 2007-2011.

L'analisi tuttavia riconosce che il vero tallone d'Achille dell'Italia è la spesa per interessi sul debito, che resta elevatissima. Ma il Tesoro, anche durante questa crisi che è stata estremamente violenta, ha continuato a privilegiare l'allungamento della vita media del debito e il contenimento delle aste dei BoT, due strategie che allentano l'impatto dell'aumento dei tassi d'interesse sulla spesa per il servizio del debito. Per Moody's, il "track record" dell'Italia è incoraggiante anche sotto questo profilo: «Dopo aver raggiunto il picco del debito/Pil al 121,8% nel 1994, nei successivi 15 anni la stabilizzazione e poi diminuzione del debito è stata raggiunta grazie a una riduzione della spesa per interessi e una generazione di avanzi primari corposi». In quei 15 anni, va detto, l'ingresso dell'Italia nell'Unione monetaria e il conseguente crollo dei tassi d'interesse è stato un fattore di aiuto non da poco per la gestione del debito pubblico.

La sfida per l'Italia, secondo Moody's, è ora quella di ripetere nei prossimi anni le politiche virtuose che ha dimostrato di saper attuare negli anni passati. Per Kockerbeck, guardando agli anni '90 e inizio 2000, l'Italia ha dimostrato di poter affrontare questo tipo di sfide a testa alta: i governi italiani hanno dato prova di saper gestire situazioni difficili già in passato, conoscono i limiti e i rischi di un alto debito pubblico e sanno che devono contenere la spesa sul sociale, sostengono gli esperti di Moody's. Questa impostazione, rilevano, è stata confermata anche dalle politiche dell'attuale governo, per via del rafforzamento della lotta all'evasione fiscale per migliorare le entrate e delle riforme imbastite finora per aumentare l'efficienza della macchina pubblica e monitorarne la spesa. Gli spazi per risparmiare sulla spesa pubblica secondo Moody's l'Italia li ha: anche perchè in passato ha dimostrato di saperli cercare, trovare e attuare con la politica del rigore. Una capacità che gli alti stati "periferici" in eurolandia devono dimostrare da zero. «La sfida più grande è conseguire un'inversione decisa e duratura della dinamica di crescita esponenziale del debito pubblico e dei relativi costi di finanziamento. Alcune recenti iniziative governative indicano che il bilancio pubblico può offrire uno spazio di manovra sufficiente per ulteriori risparmi e incrementi dell'efficienza e stabilire tale trend», si legge nel rapporto.

  CONTINUA ...»

31 marzo 2010
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