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UniCredit, tensioni sulla banca unica

di Alessandro Graziani

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16 marzo 2010
UniCredit, tensioni sulla banca unica

Clima di tensione in UniCredit, alla vigilia del consiglio di amministrazione che oggi dovrà esaminare – oltre al bilancio del 2009 – il progetto «banca unica». E proprio sull'attuazione del piano di riorganizzazione del gruppo, secondo le indiscrezioni partite ieri pomeriggio dal sito Dagospia, si starebbero concentrando negli ultimi giorni le critiche di alcuni grandi azionisti (sembra soprattutto i soci tedeschi ex-Hvb, ma anche i privati che sono rappresentati in consiglio da Maramotti e Pesenti) che avrebbero chiesto all'amministratore delegato Alessandro Profumo di rivedere il piano, rinviandone l'approvazione. Nei giorni scorsi, secondo indiscrezioni si sarebbero svolte riunioni nella casa milanese di Maramotti. Più cautela da parte delle Fondazioni, che finora si sono espresse sempre ufficialmente a favore dell'avanzamento del piano. Così come nessun rilievo sarebbe emerso la settimana scorsa in sede di comitato strategico. Ma su che punti si concentrano le critiche degli azionisti? Lo snodo centrale, stando alle indiscrezioni, riguarderebbe l'attribuzione delle deleghe operative-gestionali del gruppo con il nuovo modello di banca unica. La crescita dimensionale avvenuta in Italia e soprattutto nel Centro-Est Europa – è la riflessione di alcuni soci – ha creato un gruppo articolato e complesso che richiede punti di riferimento certi a livello di management. L'attuale modello organizzativo, basato sull'amministratore delegato Alessandro Profumo e tre deputy ceo (Roberto Nicastro, Sergio Ermotti, Paolo Fiorentino), non soddisfa del tutto i grandi azionisti. Soprattutto con la nuova articolazione del bancone che richiede, soprattutto in Italia, un referente unico.
Fin qui, stando alle ricostruzioni, le critiche di alcuni soci. Che proprio per questo, se davvero decideranno di andare fino in fondo, oggi potrebbero chiedere al consiglio presieduto da Dieter Rampl di rinviare l'approvazione del progetto.

Non è la prima volta nella storia recente del gruppo UniCredit che i grandi azionisti chiedono di rivedere le deleghe all'interno della banca. Anni fa, e in più occasioni, fu soprattutto il presidente della Fondazione CariVerona Paolo Biasi a chiedere che, sotto l'a.d. Profumo, fosse nominato un direttore generale. Posizione che, per qualche settimana, sembrava destinato a ricoprire Pietro Modiano (poi uscito dal gruppo, per andare alla guida del Sanpaolo-Imi). Ma Profumo ha sempre rifiutato di nominare un «numero due», articolando successivamente l'assetto di vertice con tre deputy ceo, ognuno responsabile di una specifica area di business a livello di gruppo.

Oggi il tema non sembra tanto quello della nomina di un numero due, quanto la diversa articolazione delle deleghe in Italia dopo il progetto «banca unica». Un progetto che serve a dare una svolta a una banca che, complici le numerose aggregazioni, ha creato una struttura con un vertice troppo distante dalla base. Il nuovo assetto prevede che in Italia, UniCredit venga gestita da tre capi rete già individuati in Gabriele Piccini (famiglie e Pmi), Piergiorgio Peluso (corporate) e Dario Prunotto (private). A questi tre responsabili di business, si aggiungeranno sette «presidenti territoriali» che coordineranno le varie aree geografiche in cui è stata segmentata l'Italia.

Ed è questa articolazione organizzativa che i soci sembrano voler mettere in discussione. Ma fino a che punto si spingeranno le critiche degli azionisti verso Profumo, proprio mentre UniCredit si appresta ad avere un ruolo di rilievo anche nelle nomine al vertice di Mediobanca-Generali? Ufficialmente tutti ribadiscono che il suo ruolo non è in discussione. Ma al contempo emerge la volontà, forse più forte che in passato, che le richieste dei soci in materia di deleghe vengano prese in considerazione. A rafforzare il peso delle richieste dei grandi azionisti, c'è indubbiamente il sostegno dato a UniCredit nell'ultimo anno con la sottoscrizione di due aumenti di capitale per sette miliardi di euro. E alcune lacune organizzative evidenziatesi negli ultimi mesi che comproverebbero, a detta di alcuni soci, l'esigenza di una diversa attribuzione delle deleghe: dal "giallo" sull'erogazione di alcuni crediti da parte di UniCredit Banca d'Impresa, che ha portato anche al licenziamento di alcuni dirigenti, a una recente lettera di censura di Bankitalia sull'operato di una società di private banking del gruppo.

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16 marzo 2010
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