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Ft e Wsj, quella voglia di Profumo
di minacciare le dimissioni

di Elysa Fazzino

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17 marzo 2010

Alessandro Profumo, Ceo di Unicredit, ha ormai preso "l'abitudine" di minacciare le dimissioni. Ma attenzione: un amministratore delegato che minaccia più di una volta di andarsene sta già varcando la soglia della porta d'uscita. E' quanto scrive Paul Betts sul Financial Times, avvertendo che c'è poco da stare tranquilli: "Gli investitori dovrebbero essere preoccupati del buco che rischia di aprirsi al vertice di una delle più grandi banche d'Europa – e la più grande d'Italia per valore di mercato – in un momento in cui la fiducia nel sistema bancario rimane esile".

Il braccio di ferro sul progetto banca unica, per il quale l'ad di Unicredit avrebbe minacciato le dimissioni (ma Profumo oggi lo ha smentito), è rinviato al 13 aprile, quando è stata convocata una riunione straordinaria del Cda. Nonostante la lotta di potere in atto, il titolo Unicredit non sta soffrendo, anzi è perfino salito. Betts osserva che "la mancanza di reazioni negative" può significare o che il mercato non crede che ci saranno cambiamenti o che, anche se Profumo se ne andasse, "la sua partenza non è una grande preoccupazione". Ma gli investitori farebbero bene a riflettere sulla loro "nonchalance", mette in guardia l'opinionista del quotidiano britannico nella sua rubrica "European View".

L'analisi del Financial Times parte dalla constatazione che l'Italia ha evitato la crisi bancaria e di questo il ministro dell'economia Giulio Tremonti può essere "orgoglioso". Ma se c'è una banca che è apparsa "vulnerabile" – precisa - questa è Unicredit, che "ha pagato il prezzo" di una strategia di espansione "troppo ambiziosa".

Betts ricorda che agli investitori non piacque "l'inversione a U" rappresentata dall'acquisizione di Capitalia, con il trasferimento del "controverso" Cesare Geronzi al vertice di Mediobanca. Profumo venne considerato da alcuni come "troppo focalizzato sugli intrighi italiani e non abbastanza attento agli interessi dei suoi azionisti".

Gli investitori – continua il Ft - sono stati ulteriormente turbati dal comportamento di Profumo durante la crisi. Prima ha negato la necessità di un aumento di capitale, poi l'ha chiesto. Questo "ha indebolito la sua reputazione sui mercati", mentre l'ultimatum lanciato al board, con la minaccia di dimettersi se non fosse stato approvato il finanziamento, "lo ha messo in contrasto con la sua banca e i suoi principali azionisti". Le voci sulla nuova minaccia di dimissioni, questa volta per l'opposizione interna al suo piano di riorganizzazione, non è una sorpresa per gli osservatori di Unicredit.

Ma Profumo finora non ha allevato nessun luogotenente che possa prendere il suo posto e "non c'è nessun ovvio candidato esterno", poiché il favorito del mercato, l'ex Ceo di Capitalia Matteo Arpe, è "pienamente occupato altrove". Di qui la preoccupazione del "buco" al vertice di Unicredit.

In un articolo di cronaca, intitolato "Discordia Unicredit sul piano di riorganizzazione", il Financial Times spiega che il progetto banca unica ha sollevato l'opposizione delle fondazioni poiché diluirebbe l'influenza degli interessi regionali in una delle più grandi banche d'Europa. Alcune fondazioni – sottolinea il Ft – stanno perdendo la pazienza con la sua posizione "back me or sack me" (appoggiatemi o licenziatemi) su questioni strategiche, come l'emissione riservata agli azionisti dell'anno scorso.

Anche il Wall Street Journal titola oggi sulla minaccia di dimissioni di Profumo: "Potrei andarmene, dice il Ceo di Unicredit". Lo scontro, scrive il Wsj, segna una rinnovata spinta dei principali azionisti a sfidare il potere di Profumo.

Il quotidiano Usa sottolinea come Profumo si sia fatto la fama di essere indipendente rispetto alle manovra di corridoio "che per decenni hanno caratterizzato il sistema bancario italiano".

La performance di Profumo è però stata oggetto di aspre critiche da parte dei principali azionisti, come le fondazioni bancarie italiane, che hanno "forti legami con la politica locale". Questi gruppi – continua il Wsj - hanno visto le loro finanze sotto pressione, in particolare per l'appoggio dato agli aumenti di capitale di Unicredit.

"Le tensioni si sono inasprite martedì, quando Profumo ha tentato di forzare l'approvazione immediata del piano di ristrutturazione, portando a un'impasse con azionisti chiave", che temono l'indebolimento del loro potere decisionale. Il rinvio al 13 aprile è una "soluzione di compromesso".

Secondo fonti vicine alla banca, scrive ancora il Wsj, Profumo ha minacciato di dimettersi se il piano fosse stato subito respinto e si è opposto alla proposta di un socio di nominare un direttore generale per coadiuvare l'amministratore delegato.
La notizia del calo dell'utile netto di Unicredit, sceso del 27% nel quarto trimestre 2009, compare su diversi siti Usa, tra cui quello del New York Times.

17 marzo 2010
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