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Tensioni sui tetti nazionali anti-deficit

Dal nostro inviato Adriana Cerretelli

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Il presidente della Bce Trichet e il ministro delle finanze Papaconstantinou

BRUXELLES - Come bloccare la crisi di fiducia nell'euro finito ieri al minimo dal 2006 sul dollaro? Come corroborare il mega-piano da 750 miliardi di salvataggio dell'area con manovre di consolidamento accelerato dei suoi conti pubblici che vedono il deficit viaggiare in media sul 6,6% e il debito sull'84,7, quando i parametri di Maastricht li fissano al 3 e 60%? E come impedire che la stretta del rigore affossi una ripresa già molto incerta e fragile?

Se questi erano i grandi interrogativi cui, ieri sera a Bruxelles, l'Eurogruppo doveva tentare di trovare una risposta credibile, difatto i suoi 16 ministri si sono persi in ore e ore di discussioni e liti su come organizzare in concreto il meccanismo di stabilizzazione finanziaria da 440 miliardi di euro da mobilitare in caso di richiesta da parte di un paese in crisi. Alla fine l'accordo che dovrà essere presto finalizzato sul fronte tecnico prevede anche la cooperazione della Bei.

Risolto questo problema, i ministri hanno affrontato quello della riforma del patto di stabilità e della governance economica. Difficile intendersi quando ci sono tanti interessi in gioco. Ancora più difficile quando la Germania di Angela Merkel si fa precedere alla riunione con l'idea di convincere i partner a blindare nelle rispettive costituzioni una norma che preveda la riduzione del deficit alla tedesca: 0,35% del Pil entro il 2016 per annullarlo nel 2020.

Difficilissimo poi quando la Commissione Ue propone, come ha fatto il 12 maggio, di rafforzare la governance economica dell'area non solo a colpi di rinnovato rigore e sanzioni nell'osservanza del Patto di stabilità, come piace a Berlino, ma anche di rafforzamento del coordinamento e della sorveglianza, anche preventiva, sulla stesura dei bilanci nazionali nonché delle riforme strutturali. Proprio per evitare nuovi casi Grecia. La sovranità sui bilanci nazionali è intoccabile tuona invece la Germania, appoggiata dalla Svezia e in questo caso dalla Francia.

Incontro teso, dunque, all'Eurogruppo perché i mercati mordono e la concordia tra i 16 sulle riforme da fare non è scontata: non tanto sul principio quanto sulla sostanza. Per tentare di decongestionare il clima, Wolfgang Schauble ha gettato acqua sul fuoco della questione costituzionale: «Il nostro obiettivo centrale deve essere la riduzione del debito perché la crisi nasce dalla sua bolla, che tra l'altro non riguarda solo l'euro ma anche gli Stati Uniti. Quindi dobbiamo tagliare i deficit e rafforzare il Patto di stabilità senza per questo pretendere che il mondo intero si muova a immagine della Germania».

Sull'assolutismo tedesco anti-deficit ieri sera faticavano a entrare in sintonia persino i virtuosissimi nordici. «Un limite imposto nella costituzione è molto ambizioso, non sono sicuro che tutti siano pronti a farlo», asseriva il finlandese Jyrki Katainen. «Il rigore va benissimo ma stiamo attenti a non soffocare la ripresa», chiosava l'austriaco Joseph Proell.
Pur concordando sulla necessità di stringere sulla disciplina (sia pure fino a un certo punto), la francese Christine Lagarde non mancava di spezzare una lancia sul tema della governance, in particolare della proposta di Bruxelles di austerità accelerata per i paesi (tra cui l'Italia) ad alti deficit e debiti ma di stimoli economici continuati da parte di quelli, Germania in testa, che hanno margini di manovra per spingere la domanda interna sostenendo così l'anemica crescita di Eurolandia.

Anche se i ministri si pronunceranno ufficialmente solo nella riunione del 7 giugno sulle misure di consolidamento accelerato dei conti presentate da Spagna e Portogallo, ieri il presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha espresso un primo giudizio positivo. In un incontro dove anche Giulio Tremonti ha illustrato le grandi linee della manovra prevista per il 2011-12.

«I mercati non ci metteranno in ginocchio. Però ci preoccupa non tanto il livello dell'euro ma la rapidità della sua discesa» ha commentato Juncker, ribadendo che l'euro «è una moneta credibile dove la stabilità dei prezzi sarà mantenuta». Juncker non è riuscito a evitare di criticare la Merkel, secondo la quale il piano di salvataggio da 750 miliardi servirebbe solo a guadagnare tempo e a scatenare la speculazione sarebbero le enormi disparità dentro Eurolandia. «18 maggio 2010

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