Tra le paure e le fobie del dopo-Chernobyl, l'abbandono del nucleare riscontrò il «sì» di un'ampia maggioranza di elettori
Una "ricaduta" del disastro nucleare di Chernobyl - non di radioattività, ma di carattere politico - fu per il nostro Paese anche il risultato dei referendum dell'8-9 novembre 1987, quando gli elettori italiani abrogarono a larga maggioranza le tre norme poste in votazione:
1)attribuire al Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) il potere di determinare le aree dove insediare le centrali elettronucleari, nel caso non lo facessero le Regioni;
2)autorizzare l'Enel a versare contributi a Regioni e Comuni in proporzione all'energia prodotta sul loro territorio con centrali nucleari o a carbone;
3)consentire all' Enel di «promuovere la costruzione» di impianti elettronucleari «con società o enti stranieri» o anche «assumere partecipazioni che abbiano come oggetto la realizzazione e l'esercizio di impianti elettronucleari» all'estero.
In effetti in quella consultazione di vent'anni fa gli elettori italiani, insieme con i tre quesiti sul nucleare, furono chiamati a votare anche sulla responsabilità civile per i magistrati e sulla commissione inquirente per i reati dei ministri. Scriveva Guido Compagna sul «Sole 24 Ore» di domenica 8 novembre 1987: «Quella sui referendum è stata una strana campagna elettorale (...). Socialisti, democristiani e comunisti si sono pronunciati per dire "sì" all' abrogazione delle norme sia sulla giustizia sia sul nucleare. Con l' eccezione del quesito sulla partecipazione dell'Enel ad accordi internazionali sul quale la Dc si è chiaramente espressa per il "no". Ciò non toglie che soprattutto Dc e Psi (insieme nel Governo oltre che in quasi tutta la materia referendaria) non hanno fatto altro che polemizzare anche aspramente durante la campagna elettorale. La Dc ha accusato i socialisti di aver fatto un pasticcio, se non un imbroglio, promuovendo i referendum sulla giustizia insieme ai liberali e ai radicali e appoggiando quelli nucleari promossi da radicali e organizzazioni ambientaliste. I socialisti invece si sono impegnati a fondo nella campagna elettorale, soprattutto per quanto riguarda i referendum sui giudici, rispondendo colpo su colpo ai rilievi della Democrazia cristiana».
La scelta emersa dalla consultazione fu nettamente antinucleare, ma ben 35 cittadini su 100 preferirono non recarsi alle urne (fino ad allora la più alta percentuale di astensioni dal 1946). Di fatto, anche se non de jure, i referendum segnarono l'uscita dell'Italia dal nucleare.
Ecco una sintesi dei risultati:
Risultati dei referendum del 1987 sul nucleare (in %) |
| Sì | No | Bianche | Nulle |
Localizzazione delle centrali da parte del Cipe | 70,4 | 16,9 | 8,5 | 4,2 |
Contributi a Comuni e Regioni che accettano centrali atomiche | 69,1 | 17,6 | 8,9 | 4,4 |
Partecipazione dell'Enel alla costruzione di centrali all'estero | 63,0 | 24,7 | 8,0 | 4,3 |
Reattori nucleari in attività nel mondo al 30 settembre 2007 (tabella)
L'incidente di Chernobyl
Nel 1986 si registrò il più grave incidente in quarant'anni di applicazione pacifica dell'energia nucleare: all'1,23 del mattino del 26 aprile, per una serie di manovre sbagliate, ci fu un'esplosione nell'edificio del reattore 4 della centrale di Chernobyl, 120 chilometri a nord di Kiev, oggi Ucraina, allora Unione Sovietica. L'esplosione sviluppò radiazioni 200 volte superiori a quelle delle atomiche sganciate dagli americani su Hiroshima e Nagasaki nel 1945 e investì per centinaia di chilometri quadrati Bielorussia e Ucraina, fino a lambire la Danimarca, la Scandinavia e perfino il nostro Paese.
Per settimane tecnici, vigili del fuoco, uomini dell'Armata rossa e perfino volontari civili, lottarono contro il reattore impazzito. Si lavorava a turni molto brevi per contenere al minimo l'esposizione alle radiazioni, fino a seppellire il reattore nucleare sotto una "bara" di acciaio e cemento armato. Gli elicotteri provvidero dall'alto all'interramento lanciando circa 5mila tonnellate di sacchi pieni di sabbia. Ma il reattore, per effetto della reazione nucleare, era già sprofondato di quattro metri dentro il suolo e da lì cominciò ad avvelenare il territorio circostante. I danni furono aggravati sia nell'Urss che nei Paesi limitrofi dal ritardo con cui le autorità hanno diedero dell'incidente. Il disastro di Chernobyl determinò in tutto il mondo un ripensamento sull'utilizzazione dell'energia nucleare e sulle norme internazionali per garantire la sicurezza.
Le ripercussioni in Italia
Per precauzione il ministero della Sanità, su indicazioni dell'Enea, proibì per due settimane il consumo di verdure a foglia larga (sulle quali in prevalenza si deposita l'inquinamento radioattivo) e, per i bambini fino a dieci anni e le donne in stato di gravidanza, il consumo di latte fresco. La ripercussione più vistosa, ma anche la più scontata, fu l'impennata dei prezzi degli ortaggi ammessi regolarmente alla vendita: in pochi giorni le quotazioni dei pomodori e delle patate registrarono aumenti superiori al 50-60 per cento. Per il latte il divieto di somministrazione alle fasce di consumatori ritenute a rischio provocò un blocco molto più generalizzato delle vendite di prodotto fresco: a Roma gli abituali clienti della Centrale rimandano indietro i furgoni con il carico intatto, anche la Centrale di Milano registrò rese molto alta. Chi all'epoca aveva in famiglia bambini piccoli forse ancora ricorda i pacchi dei cartoni di latte a lunga conservazione (quasi subito scomparso dagli scaffali dei supermercati) depositati in cucina .
Anche a distanza di più di vent'anni non è facile stilare un bilancio definitivo: quello fornito dal Chernobyl Forum (emanazione dell'Aiea) per le vittime sia a corto sia a lungo termine si riassume in due lavoratori morti immediatamente per le esplosioni iniziali; 28 deceduti nei mesi successivi dei 237 gravemente irradiati fra i 400-1.000 lavoratori e pompieri che accorsero a spegnere l'incendio; 19 di questi ultimi morirono negli anni fra il 1987 e il 2005; 9 morti fra i 4.000 casi di tumore alla tiroide. A questo totale di morti accertate come causate dirette dal disastro, si devono aggiungere i 9mila morti presunti per tumori e leucemie che non sarà possibile registrare direttamente in osservazioni epidemiologiche, ma che si aggiungeranno al numero normale di decessi per queste patologie. Nel 2005 l'Oms revisionò invece le quote ufficiali delle vittime portando da 28 a 50 il numero dei decessi causati direttamente dal disastro e a 4mila il numero delle persone ammalate di cancro tiroideo in conseguenza all'intossicazione da materiale radioattivo.