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Gli ottanta libri che hanno fatto la storia del giornalista

S.Bio.

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6 novembre 2007

La bibliografia completa dei libri scritti da Enzo Biagi comprende un'ottantina di titoli, la stragrande maggioranza pubblicati dall'editore Rizzoli, una decina da Mondadori e alcuni da Sei e Fabbri.

Si comincia con Da Crepuscolo degli dei (Rizzoli, 1961). Quindici anni dopo la fine della guerra Enz Biagi va in Germania «a cercare delle storie e degli uomini». Vuole capire cosa si nasconde sotto la coltre del silenzio. Incontra ex gerarchi nazisti, i loro amici e collaboratori, i loro familiari. Ha con loro colloqui dove il desiderio di comprendere e farci comprendere, si intreccia con una capacitá del valutare umanissima, ancorata ai propri valori morali. Nel libro compaiono le storia vista dagli interni delle case tedesche quindici anni dopo, dalla parte dei carnefici e da quelle delle vittime, sopravissuti, desiderio di dimenticare e farsi dimenticare, ma anche conservare e ricordare. Una memoria carsica.

«Cardinali e comunisti» (1963) è il reportage di un viaggio oltre la cortina di ferro, nei paesi europei del blocco sovietico. Biagi racconta come all'Est qualcosa di nuovo c'è, ad esempio inUngheria, Polonia, Cecoclovacchia. Racconta la storia di un mondo che muore, e drammi, le speranze di un mondo che vuol vivere.

Il libro «Dai nostri inviati in questo secolo»propone articoli di grandi giornalisti italiani, che raccontano grandi fatti e grandi personaggi. E i reporter raccontanoa Biagi gli eventi e le personalitá importanti che hanno avuto modo di avvicinare. Nel volume compaiono Giovanni Arpino, Silvio Bertoldi, Dino Buzzati, Oriana Fallaci e Paolo Monelli.

«Disonora il padre» (1975) viene presentato da Enzo Biagi come «il romanzo della generazione che ha perso tutte le guerre». Racconta la storia, normale e uguale a tante altre, di una adolescenza e di una giovinezza trascore in uno dei periodi più tristi e drammatici vissuti dagli italiani del XX secolo: il fascismo e la seconda guerra mondiale. Ma è anche la storia di una maturazione intellettuale e civile: il protagonista osserva dapprima distaccato e un po' ironico fascisti e antifascisti, ne scopre le debolezze e le false illusioni; ma poi fa le sue scelte e diventa partigiano. Nel titolo, «Disonora il padre», Biagi ha voluto rovesciare uno dei comandamenti: «onora il padre e la madre». Disonorare il padre, per Biagi, tuttavia significa non tanto deludere il proprio padre (fascista convinto), quanto che un'intera generazione di uomini (quella che ha visto il fascismo bell'e fatto e che solo a fatica è riuscita a liberarsene) non si è più riconosciuta nei valori e negli atti di chi si era illuso di dare all'Italia, con l'ordine fascista, un saldo e duraturo assetto politico e sociale.

«Il signor Fiat» (1976) è un'intensa e asciutta biografia di Gianni Agnelli, raccontata attraverso le interviste che l'uomo più potente d'Italia concesse a uno dei giornalisti italiani più famosi. È un ritratto vivo, sorprendente, ricco di umanitá, grazie al quale si può seguire la storia di Gianni Agnelli, della sua famiglia e della più importante industria italiana; un racconto nel quale un imprenditore di statura internazionale parla di sè senza reticenze, con pacatezza e con quella vivacitá permeata di ironia e distacco dalle cose che lo ha reso celebre. Pubblicato per la prima volta nel 1976, quando Agnelli era giá protagonista indiscusso della vita economica italiana, questo libro contribuì a farlo conoscere al grande pubblico nella sua realtá più viva, svelandone i sentimenti più personali, la storia della famiglia e della Fiat, i suoi progetti per il futuro. Nel 2003 è uscita nuova edizione del libro, ampliata e completata da una serie di interviste rilasciate a Biagi fra il 1980 e il 2001, e dalla cronologia della vita di Gianni Agnelli. Quando questo libro venne pubblicato per la prima volta era il giugno del 1976 e l'avvocato Giovanni Agnelli aveva allora 55 anni. Protagonista indiscusso della vita economica italiana, l'Avvocato era giá allora considerato un uomo straordinario da tutti coloro che avevano a che fare con lui sia come collaboratore sia come controparte, ma anche dal grande pubblico che istintivamente lo vedeva avvolto da quell'aura che circonda i «grandi della terra». Il libro «Il signor Fiat» contribuì a farlo conoscere nella sua realtá più vera, svelandone in un lungo racconto-intervista i sentimenti più personali, la storia della sua famiglia e della Fiat (che procedeva di pari passo con lo sviluppo della vita economico-politica italiana), i suoi progetti per il futuro.

«Ferrari The Drake» (1980) è la biografia di Enzo Ferrari, il leggendario patron della Ferrari, di cui Enzo Biagi fu, negli ultimi anni di vita, uno dei pochi amici intimi. Il libro racconta gli inizi, il successo, i dolori, le paure, le sconfitte e i trionfi di un uomo che fu un grande simbolo del coraggio e del made in Italy. I gran premi, i piloti, Lauda e Ascari, Fangio e Nuvolari, Varzi e Surtees, l'industria... La grande vita di un uomo schivo, ombroso e sensibile. Il volume è completato da un'appendice che fornisce tutte le notizie su gran premi e campionati del mondo ai quali hanno partecipato le «rosse di Maranello». Ha scritto Biagi a proposito di Ferrari: «Non sempre il successo, negli ultimi tempi, ha premiato la fatica e la genialitá dell'ingegnere; ma la sua forza, e il suo coraggio, a mio parere, si esaltano nei momenti difficili. L'immagine, il prestigio, restano immutati. Forse umanamente si è addolcito, l'acqua dei giorni ha smussato qualche pietra aguzza, ruvida, ma la sinceritá, la capacitá di giudicare e di giudicarsi senza indulgenza non si è affievolita, nè è scemato l'interesse per le vicende e per gli uomini».

Nel libro «Amori»(1988) Enzo Biagi guida alla scoperta di amori travolgenti, insoliti, diversi, famosi, divertenti, dimenticati, tristi e felici: Boris Pasternak e Olga Ivinskaja, Arthur Miller e Marlyn Monroe, Svetlana Stalin e Aleksej Kapler, Benito Mussolini e Claretta Petacci. Un viaggiogradevolissimo all'esplorazione del pianeta amore per scoprire che cos'è l'amore.

«I come italiani» (1993) offre una personalissima guida pratica, articolata in 107 voci di volta in volta icastiche, fulminanti, affettuose, irritate, benevole ma sempre partecipi, per capire e anche apprezzare, questo straordinario Paese. Un libro dove si parla di amore, ma anche di fantasmi, di Dio e del Diavolo, di pudore e di preservativo, di tasse e di Tangentopoli, di cognomi e di verginitá, di informazione, di mafia, di mamma, di cittá, di santi e di sesso... E poi il ritratto o il ricordo di personaggi che hanno fatto l'Italia quella che è, rendendola famosa in tutto il mondo: Casanova, Fellini, Guareschi, Del Monaco, Falcone, Mastroianni e Sordi, Montanelli, Padre Pio, Togliatti...

Quante donne in quasi un secolo e mezzo di storia del nostro Paese e del mondo... Quante donne e quanti sentimenti, amori, passioni, rinunce, tragedie, dolori vissuti da sole o accanto ai loro uomini - padri, mariti, figli, o amanti -, mentre i tempi si rincorrevano con una velocitá vertiginosa... Quante donne che in silenzio o con rabbia, sulla ribalta del palcoscenico o immerse in un riserbo quasi assoluto, sono state testimoni di avvenimenti che hanno mutato il corso della storia o che loro stesse hanno contribuito a determinare in maniera decisiva nella politica, nella moda, nel costume, nella vita di tutti i giorni. Il libro «Quante donne» (1996) di Enzo Biagi comincia con l'Italia del Risorgimento, che deve essere grata alle grazie della contessa
Castiglione - generosamente offerte a Napoleone III - quasi quanto alle baionette dei garibaldini, e si prosegue via via con la regina Margherita, Francesca Bertini, la «belle Otero», Eleonora Duse, Josephine Baker, Greta Garbo, Rachele Mussolini e Claretta Petacci (accomunate da un indomabile amore per lo stesso uomo: Mussolini). E poi, dipinte dalla penna sapiente di Enzo Biagi, che forse mai come in questo libro si cela per cedere il passo alle donne che ha incontrato, ecco sfilare sotto i nostri occhi, rivivendo i loro grandi, tormentati o falsi amori, Olga Ivinskaja e Marilyn Monroe, Svetlana Stalin e Milena Jesenska, le ragazze vietnamite che consolavano i soldati americani... E poi ancora donne di ieri e di oggi come Katia Mann e Marella Agnelli, Gina Lollobrigida e Pina Maisano Grassi, suor Emmanuelle-Marie e Virginia Woolf, Sofia Loren e Anna Frank, Natalia Ginzburg e Camilla Cederna...

«Marcello Mastroianni: 160 film. Conosciuto in tutto il mondo come il latin lover. Una definizione che ha in qualche modo segnato la sua vita e che non gli piace. 'Ci sono dei geometrì dice 'che hanno avuto più storie di me.» Così, con un esordio inatteso e provocatorio, si apre il libro «La bella vita. Marcello Mastroianni racconta» che Enzo Biagi ha voluto dedicare a un amico e a uno dei più grandi e famosi attori del cinema italiano. Tanto per fare chiarezza fin dal principio, sará bene precisare quello che il lettore non troverá in queste pagine: non una biografia oleografica o un arido elenco di film, registi e attori; non pettegolezzi gratuiti; non un ammiccante catalogo di conquiste che hanno fatto scalpore; non vuote dissertazioni sui massimi sistemi.Ascolteremo invece due amici che in tutta serenitá parlano tra loro e rievocano tempi ormai lontani, amici scomparsi, le svolte decisive di una 'bella vitá, gli affetti, i sentimenti, gli amori raccontati con pudore e quasi con ritrosia. Troveremo un ragazzino che versa, per renderla più fragrante, alcune gocce di profumo su una rosa prima di regalarla a una fidanzatina; vedremo un attore agli esordi che pronuncia poche battute dietro le quinte del palcoscenico senza farsi scorgere dal pubblico; incontreremo il regista che ha cambiato la vita professionale di Marcello - Federico Fellini - intento a incredibili giochi di parole dal doppio senso con il suo grande amico;conosceremo Luchino Visconti ai tempi eroici di Ossessione e poi malato ma non rassegnato che si abbandona ai suoi ricordi; assisteremo ai retroscena (imprevedibili, comici e bizzarri) di un capolavoro come La dolce vita; sentiremo parlare di un'infanzia e di una gioventù vissute in una serena povertá popolata da mille speranze e dell'avventura della guerra attraversata con mille espedienti; e poi alcune donne indimenticabili come Silvana Mangano, Anita Ekberg, Sophia Loren, Faye Dunaway, Catherine Deneuve...Le vicende di un uomo, la storia di una generazione, il racconto di travolgenti passioni e di tristi addii, i ritratti di personaggi le cui vite si sono intrecciate a quella di Marcello. Un libro appassionante come un grande film il cui l'impareggiabile sceneggiatore e regista risponde al nome di Enzo Biagi.

«Se c'è un ruolo che detesto è quello del giudice, anche perchè spesso mi sono sentito imputato»: così Enzo Biagi scrive nelle prime pagine di «Scusate, dimenticavo» (1997), che conclude la trilogia del «vecchio cronista» iniziatasi con «L'albero dai fiori bianchi» e «Lunga è la notte». Una dichiarazione che riassume il senso di queste pagine e di quelle precedenti. Quante storie, quanti incontri, quanti personaggi in questi ricordi reclamano dal lettore un momento di attenzione. Faulkner, Hemingway, Golo Mann (figlio del grande Thomas), la nipote di Lenin, Sabin, Toscanini e tanti, tanti esseri il cui nome non sará mai ricordato dalla Storia, ma che l'hanno attraversata con il loro dolore, la loro dignitá offesa, la loro umanitá stravolta. I cittadini senza nome di una Sarajevo dilaniata da un'assurda guerra, le fragili ragazze vietnamite che vendevano il loro corpo, i martiridell'Olocausto, i bambini affamati del Corno d'Africa. Ma non manca anche il ricordo affettuoso di grandi amici: Montanelli, Ansaldo,
Bacchelli, Fellini... E poi il richiamo della sua terra, sull'Appennino bolognese, dove tutti si conoscono e non c'è bisogno di chiudere achiave la porta di casa. Quante storie, quanti ricordi, quante emozioni: una confessione serena di chi è in pace con se stesso, perchè ha sempre tentato, cercando di conoscere gli «altri», di attuare l'ammonimento di un antico sapiente greco: «Conosci te stesso». E spesso, molto spesso Biagi è riuscito a realizzarlo.

Quanti sogni accompagnano le nostre vite? Cosa si cela realmente nell'animo umano? Enzo Biagi in «Sogni perduti» (1997) ha tracciato il ritratto, o ha fatto parlare persone, soprattutto donne, che hanno attraversato la vita con un loro sogno. Figlie di statisti, ad esempio, Ria Adenauer e Maria Romana De Gasperi, ex regine e aspiranti sovrane, Maria Josè di Savoia e Lady Diana,politiche, Evita Peròn, attrici, Anna Magnani e Michele Morgan, mogli di geni, di imprenditori, di banditi, persone la cui vita è stata sconvolta da fatti più grandi di loro. Un libro denso di avvenimenti, ricordi, nel quale si ricostruiscono epoche, episodi piccoli o grandi della storia e della cronaca; un libro, però, nel quale prevalgono il fattore umano, la comprensione e la partecipazione a quelle illusioni che aiutano a vivere.

«I ricordi, queste ombre troppo lunghe del nostro breve corpo». Ecco, nei versi del poeta, il tema conduttore che attraversa le pagine del libro «Odore di cipria» (1999). Il acconto di una vita spesa a inseguire notizie, a raccontare fatti, a raccogliere storie e, soprattutto, a fare parlareanche la gente comune per capire che cosa significhi la «grande» Storia per chi la subisce. Un libro in cui Biagi commenta ogni cosa in tonopacato, senza facili protagonismi, quasi ritroso a mettersi in mostra. Un libro che è una dichiarazione d'amore e di rimpianto per quella magica stagione che è stata la giovinezza - consumatasi sì rapidamente al fuoco dell'ultimo conflitto mondiale, ma illuminata dal ricordo di persone scomparse nel fiume della vita che tornano a parlare, a far sorridere per le loro vicende tragicomiche, a commuovere per il loro dolore, a far riflettere su una lezione - l'umiltá - che l'uomo, per orgoglio, non vorrá mai imparare. Incontreremo una vecchietta che da anni si reca alla stazione - di sera, sempre alla stessa ora - aspettando qualcuno che non arriverá mai;conosceremo una ragazza che salva la vita a un sordomuto e poi gli si dona per un dolcissimo moto del cuore; ascolteremo le chiacchiere che si facevano in redazione nell'attesa che fosse stampata la prima copia del giornale; sentiremo un gerarca fascista proclamare fieramente che i camerati «non avrebbero ìndietrato maì»; ritroveremo quel tempo perduto in cui, per profumare una casa, si bruciavano alcune bucce d'arancia o di mela sulla cucina economica... Il tutto accompagnato da un odore lieve e impalpabile, che è impossibile non sentire: quello della cipria...

Nel libro «Cara Italia» (2000) Enzo Biagi racconta l'Italia «da semplice cronista» che parla con personaggi famosi e gente comune visitando i luoghi più diversi e si affida all'archivio di una prodigiosa memoria affrontando ogni questione con spirito aperto e sgombro da pregiudizi. Con una conclusione: l'Italia è un paese come tanti altri, con molti aspetti positivi, alcuni negativi, e molti cambiamenti in corso. È un paese che può vantare figure di statura mondiale; è la quinta o la sesta potenza industriale; e oltre alla violenza della malavita conosce anche la generositá.

«Mi piacerebbe sotterrare qualcosa di prezioso in ogni posto dove sono stato felice e poi, una volta diventato vecchio, potrei sempre tornare a estrarlo e ricordare.» Così scriveva in un suo romanzo ambientato nell'Inghilterra degli anni Trenta Evelyn Waugh. Ed era un modo possibile di confrontarsi con la memoria, un modo contraddetto, però, da ima risposta die diede all'autore di questo libro il colonnello Eugen Dollmann, l'interprete dei colloqui tra Hitler e Mussolini. «Perchè non ritorna più in Italia?» gli chiese una volta Biagi. «Non bisogna mai ritornare dove si è stati felici», fu la risposta. Ed è proprio in tale apparentemente insanabile contrasto che vanno lette le pagine di «Un giorno ancora» (2001), in cui un maestro del giornalismo italiano rivisita i luoghi in cui la sua vita di grande inviato o semplice «cronista» - come ama definirsi - lo hanno di volta in volta condotto. Dal Polesine sconvolto dall'alluvione all'inferno vietnamita; dai cristallini silenzi delle terre oltre il Circolo Polare Artico alla frenesia (prestabilita o casuale) di New York e di Shanghai: dalle «macellerie» somale e bosniache alla Berlino divisa dal Muro: dall'Italia fascista a quella di oggi, ma unite da un comune denominatore: il pericolo che ogni cosa possa trasformarsi in farsa, e non basti cambiare gli attori; dalla Russia dell'agonizzante regime zarista all'Unione Sovietica del crollo del comunismo, «il dio che ha tradito»: da una Germania in cui si aggirano i fantasmi del nazismo alla malinconia di Praga e Varsavia... C'è felicitá in questi ritorni oppure no? Biagi sceglie un'altra via: quella di cercare di comprendere, di capire, di risalire alla ragione reale del porcile gli uomini in quei luoghi si sono comportati, un tempo, in questo o quel modo. E se in ciò che scrive incontriamo alla fine sempre quella che i latini definivano pietas, questo non significa per nulla equiparazione di oppressori e vittime: comprendere non significa giustificare.

Ha scritto Luigi Pirandello: «La vita o si vive o si scrive», ed Enzo Biagi, che la vita l'ha vissuta, per raccontarla - non uniformandosi mai a mode o convenienze del momento - ha percorso ancora una volta i continenti interrogando scrittori estremamente diversi tra loro, ma amati da milioni di persone in tutto il pianeta, per capire come hanno potuto fare scattare quella molla che ha acceso l'immaginazione deiloro lettori e come si pongono in rapporto con il loro Paese e con il mondo. Il risultato è il libro «Giro del mondo» (2002). Wilbur Smith,John Le Carrè, Jostein Gaarder, Aleksandra Marinina, Gunter Grass, Luis Sepùlveda, Michael Crichton, Jean d'Ormesson, Kenzaburo Oe, Umberto Eco... Dieci tra i maggiori scrittori contemporanei parlano del loro mondo e delle loro esperienze a Enzo Biagi. L'avventura, lo spionaggio, l'apocalisse atomica, la criminalitá della nuova Russia, la contestazione, la lotta contro la tirannide di Pinochet, la ragione contro i falsi idoli di oggi...

«Fa una triste impressione questo spirito intollerante e induce a guardare al futuro con qualche preoccupazione. Sono sempre meno quelli disposti a difendere il diritto di esprimere un'idea, anche se è contraria alla nostra, o a considerare intelligenti quelli che non la pensano come noi.» Enzo Biagi scriveva queste parole il 4 aprile 1996, nell'imminenza delle elezioni. Erano passati poco più di due anni da quando Silvio Berlusconi aveva comunicato la sua decisione di entrare in politica. Era stato annunciato, con uno stupefacente lancio mediatico, come l'inizio del 'nuovò e l'introduzione di un modo di governare che avrebbeamministrato l'Italia 'come un'aziendá. Ma, dopo un successo elettorale che aveva dell'incredibile, erano bastati pochi mesi - otto - per vedere il primo Governo Berlusconi dimettersi travolto dalle contraddizioni, dall'incapacitá di mantenere le promesse fatte, dal conflitto con la magistratura, dal dissolversi stesso dell'alleanza di centrodestra. Enzo Biagi prima di esprimere un giudizio su questo tentativo aveva, come di consueto, aspettato che i fatti parlassero e, una volta visti i risultati, non aveva tardato a formulare un giudizio severo, in quanto una politica non fondata su rigorosi principi morali è fatalmente destinata a degenerare. I risultati di tutto ciò sono oggetto del libro «Cose loro e fatti nostri» (2002).«Mai l'imbarbarimento della vita pubblica è sceso a questi livelli, mai le forze politiche che dovrebbero badare al bene del Paese si sono così distinte in lotte intestine con un unico obbiettivo: quello di difendere un 'particularè imbarazzante per chi osservi con animo libero lo svolgersi della vita pubblica italiana», afferma Biagi. Questo libro raccoglie i più significativi interventi che il 'cronistá Enzo Biagi ha dedicato dal 1994 a oggi a protagonisti e comprimari di questa storia confusa, non esitando a prendere posizione non per un'ostilitá preconcetta, ma perchè, come lui stesso afferma, «la colpa più grave sarebbe tacere quando invece la coscienza, e i fatti, ti impongono di parlare». Il primo ministero Berlusconi, la sua caduta, l'interregno di Dini, il 'buon governò dell'Ulivo di Romano Prodi, la presa del potere di Massimo D'Alema, la stolta guerra civile all'interno del centrosinistra, il revanscismo di una destra che minacciava, in caso di vittoria, di «non fare prigionieri», il nuovo successo elettorale del Cavaliere di Arcore e la confusione in cui è precipitata l'Italia. Non mancano anche riflessioni sulla Rai e la libertá di informazione e le amare considerazioni personali di un giornalista che non si è mai unito al coro degli adulatori e, infrangendo un triste costume nazionale, non è mai corso in aiuto del vincitore.

Lo storico Robert Conquest ha definito il XX secolo quello delle «idee assassine»: mai, come in quegli anni vicini e al tempo stesso apparentemente remoti, nel nome di ideologie totalitarie furono sterminate milioni di persone. Fascismo, comunismo e nazismo cercarono (ognuno a suo modo) di creare un «uomo nuovo», un uomo che cancellasse e odiasse ogni ereditá culturale del passato per costruire un mondo radicalmente diverso e che fosse riservato ai ceti più retrivi e conservatori (fascismo), ai proletari di tutto il mondo (comunismo), agli eletti della Razza Superiore (nazismo). Enzo Biagi nel libro «Addio a questi mondi» (2003) fa parlare i protagonisti di quella lunga e assurda follia.

«La vita non tornerá mai alla normalitá: non credo., a questo punto., che siamo in grado di dire che cosa sia. Ma possiamo sforzarci di andare avanti» Con queste parole si rivolgeva a Enzo Biagi un sopravvissuto all'attentato alle Twin Towers di New York dell'11 settembre 2001, una data che nei libri di storia assumerá un'importanza epocale. Lo schianto dei jet dirottati dai terroristi ha cambiato infatti ogni cosa: l'unica superpotenza sopravvissuta ai rivolgimenti del XX secolo si è all'improwiso scoperta vulnerabile, piena di paura e di angosce che potrebbero portarla a percorrere strade imprevedibili. Nel libro «La mia America» (2003) Enzo Biagi racconta la «sua» America: quella del secolo scorso in cui furono accolti milioni di emigranti in cerca di riscatto, ma dove i neri, per ottenere i diritti civili, dovettero percorrere una via segnata da una lunga striscia di sangue; una grande democrazia che costrinse un presidente a dimettersi per avere mentito al popolo, ma in cui spesso la malavita è infiltrata nell'establishment; una societá opulenta in cui il futuro convive con desolanti aree di arretratezza e povertá. Biagi ci racconta cento anni di Usa attraverso i viaggi, le atmosfere, i ricordi di vecchi film, gli incontri con i potenti e la gente comune, gli avvenimenti piccoli e grandi che hanno fatto la storia di quel Paese.
Il sogno di una terra che desiderava essere con tutte le sue forze il simbolo della democrazia stessa e si è ritrovata a dover svolgere un ruolo imperiale. Un'America del jazz, del proibizionismo, della Grande Crisi; la patria dell'innocenza perduta, dei sogni semplici dei personaggi di Capra, di Walt Disney e dei suoi cartoni animati, dei Gli sbarcati due volte in Europa per salvare la nostra libertá, ma che oggi si sente sola, abbandonata, non capita. L'America di Hollywood, della fabbrica dei sogni, della nevrosi, delle dive, delle pellicole che hanno fatto la storia del cinema. Un'America madre della contestazione, degli hippies, della droga, della musica rock; la terra della libertá ma anche dell'odio razziale, della guerra del Vietnam, dei bracci della morte, della conquista dello spazio e oggi anche dell'insicurezza... L'America violenta della mafia, degli immensi spazi selvaggi, degli ultimi pellerossa, della sfida al futuro, dei grandi scrittori e della gente comune che crede che, come nei film western, Bene e Male siano sempre facilmente distinguibili. Enzo Biagi, nella sua lunga carriera di cronista, l'ha girata, l'ha conosciuta, l'ha amata, l'ha criticata, ne ha conosciuto i personaggi più significativi, ne ha percorso le vene... Un libro che, come lui stesso dice, è un atto d'amore e di riconoscenza, ma con una precisazione: «Io voglio bene all'America, ma amarla non significa condividerne sempre la politica o le iniziative: basta non dimenticare quanto ha fatto per noi».

«Lettera d'amore a una ragazza di una volta» (2004) è una lunga e appassionata missiva di Enzo Biagi a Lucia, una lettera d'amore a una ragazza di una volta e le parole rivolte
alla moglie scomparsa si trasformano in una dolce e commossa rievocazione del tempo perduto, di anni lontani in cui il futuro brillava davanti a entrambi, in cui tutto appariva possibile. Il nascere dell'amore nell'Italia del secondo conflitto mondiale, le prime esperienze professionali, l'approdo a Milano, la chiamata alla Rai, il lavoro nei grandi giornali... E poi gli amici (uno per tutti: Federico Fellini),i genitori, Pianaccio - il paese natale quasi fuori dal tempo -, i viaggi, gli incontri, i potenti e la gente comune. Sessantadue anni di vita schiva, lontana per scelta di entrambi dai salotti alla moda.

Nel libro «Era ieri» (2005) Enzo Biagi racconta le vicende di una trasmissione giornalistica da lui ideata e condotta - «Il Fatto» - giudicata la migliore prodotta dalla Rai in cinquant'anni di attivitá, e le ragioni per cui fu soppressa, con il cosiddetto «editto bulgaro» di Berlusconi. Ne esce un libro denso di ricordi, di riflessioni, di interviste a personaggi illustri (da Giovanni Agnelli a Romano Prodi, da Oscar Luigi Scalfaro a Roberto Benigni, da Michail
Gorbaciov ad Alberto Sordi...) tratte in buona parte proprio da «Il Fatto», e pubblicate qui per la prima volta. Loris Mazzetti, coautore del libro, è regista e dirigente Rai e ha accompagnato per anni il lavoro televisivo di Enzo Biagi.
Le pagine di «L'Italia domanda (Con qualche risposta)» (2005) sono un lungo colloquio con i lettori: «Li ringrazio. Buona fortuna a tutti: la vita è una lotteria. Nel bene e nel male qualche volta esce il tuo numero», scrive Biagi. Alcuni anni fa, in un sondaggio su scala nazionale, venne chiesto agli italiani quale fosse, secondo loro, il giornalista «più credibile, affidabile e autorevole». La risposta fu quasi un plebiscito: Enzo Biagi. La trasmissione «Il fatto» è stata giudicata il miglior programma realizzato in cinquant'anni dalla Rai, i suoi libri sono stati grandi best seller.«L'Italia domanda» vuole fare conoscere un altro aspetto dell'attivitá di Enzo Biagi, un impegno che ama e che lo appassiona: il dialogo diretto con i suoi lettori, un dialogo che da anni conduce sulle pagine di alcuni grandi periodici. Migliaia e migliaia di italiani, infatti, gli hanno scritto chiedendo il suo parere sugli argomenti più diversi. A tutti Biagi risponde in modo franco e diretto, con quel buon senso e quella semplicitá che sono il suo stile, senza alcun pregiudizio e senza retorica. «L'Italia domanda» è un libro attraversato da una forte speranza nell'uomo, da una fiducia incrollabile nel bene e nella giustizia anche in questi giorni difficili. Sono trascorsi quasi settant'anni dal giorno in cui un giovanissimo Enzo Biagi inviò a un quotidiano il suo primo articolo. L'argomento che in esso veniva affrontato fa oggi sorridere il suo autore, ma quelle pagine segnarono l'inizio di una carriera che ha fatto di Biagi un maestro del giornalismo ammirato in Italia e nel mondo. Per anni e anni Enzo Biagi ha inseguito il cammino tumultuoso della Storia, le vicende di personaggi famosi e di gente comune, che ha puntualmente raccontato in articoli, inchieste televisive, libri.

Il volume «I libri della memoria» (2006) raccoglie alcune tra le pagine più significative di un uomo che ha sempre inteso il proprio mestiere come un impegno di testimonianza nei confronti dei lettori, e non è mai sceso a patti con la propria coscienza. Una rievocazione del fascismo e della sua caduta, del secondo conflitto mondiale, dell'Olocausto, del dissolversi dell'Unione Sovietica, delle recenti guerre che insanguinano il mondo, ma anche delle speranze, degli affetti, delle gioie, dei dolori e degli incontri che hanno segnato la vita professionale e privata di questo grande «testimone del tempo».

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