Dopo il tragico caso di Giovanna Reggiani, la cosa peggiore per l'opinione pubblica sarebbe giungere alla conclusione che l'improvviso attivismo del Governo miri a obiettivi che con la sicurezza collettiva c'entrano poco: dall'esigenza del nuovo Partito democratico di conquistare i voti moderati a quella di difendere il "modello Roma" nel quale si rispecchia proprio il leader del Pd.
L'opinione pubblica ha tutte le ragioni per sentirsi preoccupata: e la sua percezione è confermata dai dati del ministero dell'Interno che mostrano un'impennata drammatica del crimine e soprattutto dei reati che provocano un particolare allarme sociale, dai furti in casa alle rapine agli scippi e borseggi. A fare da contraltare, vengono i dati paralleli forniti dalla polizia rumena (e pubblicati venerdì scorso dal " Corriere del Veneto"), secondo i quali nel 2007 gli stessi reati, in Romania, sono diminuiti del 26%: come dire che l'Italia è diventata importatrice netta di delitti. La sicurezza collettiva è effettivamente degradata, soprattutto nelle grandi città. Ne deriva un fatale, e speriamo non irreparabile, indebolimento delle basi stesse del tacito contratto sociale che è alla base della convivenza e della politica: sicurezza in cambio di libertà.
Non c'è solo la xenofobia, dunque, come possibile ricaduta della diffusa insicurezza collettiva: lo stesso dilagare dell'antipolitica, con tutti i rischi che comporta, trova la sua spiegazione- non giustificazione - nella diffusa percezione che la politica non sia più in grado di prestare quei servizi la sicurezza, la giustizia, la difesa delle frontiere- per assicurare i quali chiede voti e raccoglie tributi. Sta proprio qui l'errore principale di chi ancora si ostina a giudicare espressione di impenitente spirito forcaiolo la richiesta di sicurezza: egli non considera come l'insicurezza sia pagata soprattutto dai più deboli; trascura come l'indifferenza possa provocare una fuga dalla democrazia; dimentica la lezione del 2002, quando i francesi abbandonarono Chirac e Jospin per rifugiarsi sotto Le Pen.
Difendere il crimine non è di sinistra: per questo ci si può attendere che il Governo di Romano Prodi continui ora sulla strada imboccata con tanto imbarazzo di garantire sicurezza ai cittadini, con misure non occasionali e non emergenziali: in grado di avviare una riflessione seria sull'immigrazione e di favorirne quella qualificata e professionalizzata; di raffreddare sul nascere tentazioni xenofobe; di tutelare le libertà dei cittadini, a partire da quella di sentirsi sicuri, cioè padroni di se stessi. Non si tratta certo di una sfida banale: in tutto il mondo democratico, tutti i governi hanno a che fare con gli stessi problemi. L'Italia paga per di più il consolidarsi delle tante mafie (tutte nazionali!) alle quali fanno capo i racket della malavita anche spicciola. I cittadini dunque sanno di non potersi attendere miracoli, ma non sono più disposti a perdonare l'indifferenza.
Non è del resto un caso che, tra i politici, i più sensibili al tema siano quelli più esposti al giudizio quotidiano dei propri elettori: i Sindaci che, ormai vaccinati da remore pseudoideologiche, affrontano il tema con decisionismo sempre maggiore (sul quale, peraltro, non si era distinta Roma). Un attivismo che comincia a essere premiato, come dimostrano i dati della ricerca, che presentiamo nella pagina a fianco, relativi al calo di alcuni reati a Bologna, palcoscenico delle iniziative (politicamente tutt'altro che indolori) del sindaco Cofferati.
Sottolineare il ruolo dei Sindaci non significa auspicare la municipalizzazione della sicurezza: l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è l'ordine pubblico a macchia di leopardo. Quell'esperienza tuttavia conferma che la politica dalla parte dei cittadini non ne può ignorare o, peggio, disprezzare esigenze, necessità e preoccupazioni; soprattutto quando i numeri, implacabilmente, ai cittadini danno ragione.