D'ora in poi, più che "La Sapienza", l'università di Roma dovrebbe chiamarsi "La Censura": infatti, il clima che ha portato alla rinuncia di Benedetto XVI a partecipare (e parlare) all'incontro che gli era stato richiesto, denota un'intolleranza alle idee tanto più sorprendente e preoccupante in un ambiente votato alla ricerca e, dunque, al dibattito e al confronto.
Naturalmente, la memoria corre a un altro discorso abortito nella stessa sede, quello di Luciano Lama nel 1977. Con un'aggravante: che, questa volta, le contestazioni preventive sono state giustificate e fomentate da uomini di scienza che, tradendo la propria missione di favorire il confronto delle idee, lo hanno reso impossibile.
Molto si potrebbe discutere sulle loro argomentazioni; e sottolineare come lo sforzo di papa Ratzinger di conciliare fede e ragione denoti un coraggio intellettuale che molti spiriti laicisti dovrebbero invidiargli. Ma questa volta non sono in discussione le sue idee, ma il fatto stesso che egli possa esprimerle: un'autentica vergogna per un Paese libero e democratico.
D'ora in poi, dunque, sarà doveroso sorvegliare (da parte di chi?) la correttezza politica delle idee dei molti ospiti che (inopinatamente) salgono in cattedra nelle università italiane. Questo dell'università "La Censura" costituisce perciò un precedente pericoloso che mette in discussione natura e funzione dell'istituzione universitaria. E che richiama, di nuovo, gli spiriti sedicenti laici a tornare ai fondamenti delle proprie convinzioni. Quelle che impongono non di cinguettare con chi si è d'accordo, ma di scannarsi (pacificamente) con chi la pensa diversamente.