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I mille trucchi dello scandalo

di Fabio Pavesi

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13 Gennaio 2008
Le cifre dello spreco

«Segui l'acqua e troverai i colpevoli». Non è l'invito a trasformarsi in un novello rabdomante, ma il suggerimento che arriva da più parti quando vuoi capire perché i rifiuti sono diventati (per alcuni) l'"Oro di Napoli" e (per il Paese) uno scempio ambientale ed economico.
Già l'acqua. È uno dei tanti trucchi che ha consentito, contemporaneamente, grandi arricchimenti e quello spreco immane costituito dai 5 milioni di tonnellate delle cosiddette "ecoballe", oggi inutilizzate e accatastate in un decennio di gestione dissennata in mezza Campania.
Bastava innaffiare abbondamente, ti racconta chi ha operato in quegli anni, la catasta dei rifiuti raccolti per renderla più pesante (e quindi incassare molti più quattrini del dovuto) e soprattutto renderla inservibile per l'inceneritore di Acerra (mai entrato in funzione) che doveva utilizzarle per produrre energia. Un espediente ingegnoso e per nulla costoso. Fantasie, leggende metropolitane? Forse, ma i riscontri delle analisi effettuate a partire dal 2004 su quello che doveva diventare combustibili da rifiuti (il Cdr) non lasciano dubbi sul risultato finale. Come ha rilevato la Commissione d'inchiesta parlamentare, il Cdr prodotto in questi anni aveva potere calorifico inferiore di oltre il 15% a quanto richiesto dalla legge e un contenuto d'umidità (ecco l'acqua) superiore del 30% ai valori di normativa. E questo è accaduto solo in Campania. Risultato. Quel Cdr per il quale sono stati pagati fior di quattrini non sarà mai impiegabile per lo scopo. È monnezza urbana, nè più nè meno. Tant'è che fu la magistratura nel 2004 a sequestrare i sette impianti della Fibe (Impregilo) e a rescindere d'imperio il contratto d'appalto. La Fibe si è sempre difesa affermando che non dipendeva dal suo operato la bontà di quel combustibile da rifiuto e che a conti fatti gli oneri che la società ha finito per pagare in quest'avventura sono stimabili in quasi 150 milioni di euro.
Ecoballe fuorilegge
Sarà. Resta il fatto che dopo il danno ora c'è l'ennesima beffa. Disfarsi delle ecoballe fuorilegge aggiungerà altri oneri milionari. Le audizioni recenti della Commissione parlamentare rivelano tre soluzioni possibili: «Si mandano all'estero con un costo stimato complessivo di 700 milioni di euro; si inviano a bruciare a Brescia (se Brescia le vorrà) a un costo analogo; si rimandano in discarica. In Campania con ditte private la stima è di 125 milioni di costo, impiegando i militari si spenderebbero solo 35 milioni».
La sprecopoli della monnezza
Ma è tutto l'impianto della vicenda rifiuti a essere un gigantesco domino di ruberie e sprechi colossali. Secondo la Corte dei Conti un decennio di gestione commissariale è costata la bellezza di 856 milioni di euro. Ben 101 milioni se ne sono andati per affitti e/o espropri dei terreni dove operano gli impianti. Tanti, pochi? Dipende: si spera solo che non sempre sia andata come ha documentato la Commissione d'inchiesta rilevando che: «È accaduto che, nello stesso giorno, siano stati acquisiti e rivenduti o fittati alla Fibe terreni per un valore più che quintuplicato». Se questa era la prassi quei 101 milioni sono il bottino di qualche scorreria.
Altri 68 milioni (il 9% del totale delle spese) sono il conto della Ecolog che ha spedito all'estero con i treni la spazzatura napoletana. Gli impianti (fallimentari) che dovevano produrre il Cdr e la frazione umida dai rifiuti indifferenziati hanno portato via dalla torta altri 100 milioni di euro. E queste si badi sono solo le spese di struttura.
Salari dorati
Solo per far funzionare il baraccone della gestione commissariale sono occorsi 282 milioni sugli 856 complessivamente spesi. Oltre l'80% degli oneri di gestione sono metaforicamente serviti per fare la raccolta differenziata. Ma dato che di differenziato a Napoli si è visto ben poco, quei soldi hanno di fatto pagato stipendi. A chi? Ai 2.316 lavoratori socialmente utili assunti a tempo indeterminato per un costo annuo di 65 milioni. Soldi gettati al vento per pagare gente che non faceva nulla tutto il giorno. Confiderà alla Commissione d'inchiesta un commissario nel 2004: «Solo 200 lavorano, gli altri non hanno nulla da fare, stanno a casa e si lamentano».
Ma i vizi stanno sempre nel manico. Se la gestione dei rifiuti si è trasformata in un mega-sussidio pubblico a perdere per ex-disoccupati, che dire di chi li amministrava? Non c'è neanche proporzione con la prebenda collettiva di 22,4 milioni di euro incassati in soli 8 anni dai sub-commissari e dal personale della struttura. Le figure di vertice, mai così prolifiche (il Commissario stesso, i vice-commissari e i sub-commissari) sono arrivati, come documenta la Corte dei Conti, ad assegnarsi l'indennità spettante a un assessore regionale. La cifra? Diecimila euro al mese ciascuno. Il prezzo grottesco di una catastrofe annunciata.

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