Nel 2007 è scomparsa la metà delle api in Italia. Le principali cause sono l'inquinamento, i cambiamenti climatici e le malattie. Il disastro, in realtà, ha interessato tutta l'Europa, con una perdita tra il 30 e il 50% del patrimonio di api, mentre punte anche del 60-70% hanno interessato alcune aree degli Stati Uniti. Sono questi alcuni dati emersi oggi nel corso del workshop organizzato dall'agenzia per la protezione dell'ambiente e i servizi tecnici (Apat) dal titolo «Sindrome dello spopolamento degli alveari in Italia».
Oltre al danno ambientale, la strage delle api non manca poi di avere anche un grave risvolto economico, a causa dell'insufficiente impollinazione delle piante e quindi di una riduzione del raccolto. In Italia è stato calcolato che l'apporto economico dell'attività delle api al comparto agricolo è di circa 1.600 milioni di euro l'anno (pari a 1.240 euro per alveare). Considerando la scomparsa di circa 200mila alveari nel 2007, la perdita economica per mancata impollinazione delle piante è stata di circa 250 milioni di euro. Il problema, spiega l'Apat, è maggiormente sentito nel Nord del Paese, dove si sono persi fino alla metà degli alveari. Pesanti danni sono stati registrati anche al Centro, mentre le cose sembrano andare meglio nel Mezzogiorno.
Tra le ragioni dell'alto tasso di mortalità fra le api ci sono sicuramente le condizioni igienico-sanitarie degli alveari, i cambiamenti climatici e di conseguenza la disponibilità e qualità del pascolo e dell'acqua, l'insalubrità del territorio. Ma gli esperti sono concordi nell'attribuire forti responsabilità anche all'inquinamento da fitofarmaci, a quello elettromagnetico e a una recrudescenza delle virosi (infezioni da virus) e della varroa, malattia causata da un acaro che attacca sia la covata che l'ape adulta.