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La Chiesa sancisce la fine della rappresentanza unica

di Carlo Marroni

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19 Febbraio 2008

A ognuno il suo compito: il Pd vada senza radicali, il Pdl non scivoli nella deriva populista, l'Udc si unisca con le altre formazioni centriste. «Avvenire», quotidiano della Cei, come la pensa l'ha detto domenica. Con una preferenza a denti stretti: se Pier Ferdinando Casini si alleerà con la Rosa bianca e l'Udeur e saranno avanzate «candidature adeguate», allora i vescovi italiani potrebbero dare una mano. In ogni caso l'iniziativa di Giuliano Ferrara per la lista Pro life non è stata neppure citata, così come sull'«Osservatore romano» di ieri. In effetti finché il direttore del «Foglio» ha sostenuto una battaglia culturale c'è stata piena sintonia con le gerarchie, che hanno raccolto la palla. Poi la decisione di candidarsi ha cambiato l'approccio: la Chiesa ha paura che un tema così "core" come l'aborto possa essere associato in futuro a una bassa percentuale elettorale e, comunque, potenzialmente in grado di far dimenticare il successo al referendum sulle staminali.
In ogni caso quella del 2008 sul voto cattolico è una questione molto complessa. Già, perché se un tempo c'era la Dc, oggi le tribù sparse del cattolicesimo politico si muovono a tutto campo con le altrettante frastagliate forme di presenza cattolica, dalle gerarchie all'associazionismo. La scelta di Walter Veltroni di non allearsi con la sinistra estrema e inizialmente con i radicali era salutata con grande favore dalla Chiesa, sia Santa Sede che Cei. Tanto da spiazzare il Pdl e gli stessi centristi, visti come forza marginalizzata in una realtà post-voto potenzialmente da larghe intese mirate ad una riforma elettorale sul modello tedesco, il più adatto alla salvaguardia dell'elettorato centrista.
Inoltre la componente cattolica del Pd si è ricompattata: i teodem – nati in chiave anti-Pd anche per spinta di Francesco Rutelli e che sotto l'ombrello di Ruini hanno fatto naufragare in Senato i Dico e il testamento biologico – ora marciano insieme ai cattolici democratici, guidati da Giuseppe Fioroni e rappresentati da Dario Franceschini (presente a San Pietro per l'Angelus post-Sapienza promosso da Ruini) ed Enrico Letta. Fioroni ha da anni un rapporto stretto con Tarcisio Bertone, potentissimo Segretario di Stato vaticano che dopo l'uscita del "rivale" Ruini ha ristretto di molto i margini di manovra della Cei in politica (tanto da arrivare alla puntualizzazione dell'«Osservatore romano» che non si deve far confusione tra Santa Sede e Conferenza episcopale).
Bertone, dopo aver avvertito il Pd di non marginalizzare la componente cattolica, ora si gode i risultati: il 27 febbraio ci sarà una grande convention (che peraltro sarà aperta da don Carlo Nanni, teologo salesiano molto vicino al Segretario di Stato) convocata da tempo per suggellare la riunificazione dopo l'iniziale diaspora, compresi gli ex ulivisti, tra cui Rosy Bindi, e il mondo dei cristiano-sociali. Il tutto ben visto da strati influenti della gerarchia, tra cui i cardinali Dionigi Tettamanzi e Severino Poletto, e i vescovi Vincenzo Paglia e Bruno Forte, oltre a una grossa fetta di associazionismo, dall'Azione cattolica, alle Acli, dalla Cisl ai Focolarini. Ora l'unica incertezza è rappresentata dal rientro dei radicali, specie se passassero candidature di esponenti particolarmente attivi su fronti caldi, come l'eutanasia.
Nel Pdl di Silvio Berlusconi si beneficia dell'eredità della scorsa legislatura e di quell'appoggio consolidato di Ruini (un po' raffreddato dopo il no all'Udc) e di gerarchie scettiche verso il centro-sinistra, come Carlo Cafarra e Angelo Scola, legato a Cl, che rappresenta il braccio elettorale sul territorio specie al Nord, garante Roberto Formigoni.
La galassia centrista può contare su alcuni punti fermi: Casini gode dell'appoggio oltre che di Ruini del presidente della Cei Angelo Bagnasco e dell'ausiliare di Roma, Rino Fisichella, e delle simpatie del Movimento cristiano lavoratori. Savino Pezzotta, oltre a spezzoni di sindacato, ha un rapporto stretto con il segretario Cei, Giuseppe Betori, che lo invitò a parlare alla Settimana sociale e al Convegno ecclesiale di Verona. Clemente Mastella, oltre alla rete della chiesa meridionale, vanta un rapporto con Bertone: da lui andò l'ex Guardasigilli dopo le consultazioni al Quirinale.

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