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Pizzo: a Palermo i commercianti parlano, arresti per 21 persone

di Andrea Cottone

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17 marzo 2008

Qualcosa si muove fra commercianti e imprenditori di Palermo. Una «nuova atmosfera di collaborazione» fra operatori economici e forze dell'ordine, come l'ha definita il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo. Sono 21 le ordinanze di custodia cautelare eseguite nella notte dalla Squadra mobile e dallo Sco, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia. Si tratta dell'ala ‘militare' dei boss Lo Piccolo, arrestati lo scorso 5 novembre. Persone che imponevano ed esigevano il pizzo, autori dei danneggiamenti per chi si opponeva alla tassa mafiosa, un «pacchetto di 9 estorsioni a danni di commercianti che ora vedono i loro aguzzini in manette», come sottolinea il questore di Palermo, Giuseppe Caruso.
L'operazione, denominata "Addio pizzo 2", è stata condotta partendo dalla documentazione sequestrata ai Lo Piccolo, incrociata con le deposizione dei collaboratori di giustizia (Francesco Franzese e Antonino Nuccio) e, soprattutto, con le conferme giunte dai commercianti taglieggiati. Questi sarebbero "oltre una decina" ma, secondo fonti qualificate, il loro numero sarebbe maggiore. Una collaborazione non decisiva, secondo gli inquirenti, ma che rappresenta un passo importante nella lotta alla mafia del pizzo. «Siamo di fronte a un sensibile aumento delle collaborazioni degli imprenditori – ha affermato il procuratore Messineo in conferenza stampa – che parte, però, da una base esigua che resta». Un particolare su cui si sofferma anche Giuseppe Caruso: «Ci aiuta e conforta la presa di posizione di alcuni operatori economici. Ora quando bussiamo qualcuno risponde se non sono loro stessi a bussare alle nostre porte». E per questo rilancia l'appello a collaborare.
Fra i fermati anche Vittorio Bonura, 40 anni, presunto autore del rogo che a fine luglio dell'anno scorso distrusse il deposito di vernici di Rodolfo Guajana, che si era opposto alle richieste di "messa a posto" (il pagamento del pizzo, ndr) del clan guidato da Salvatore e Sandro Lo Piccolo. A questi ultimi sono state sequestrate quote societarie in aziende di impiantistica e pubblicità che, secondo gli inquirenti, erano intestate a dei prestanome.
I commercianti che hanno ammesso di avere pagato il pizzo agli esattori dei boss Sandro e Salvatore Lo Piccolo, sono stati «costretti» a farlo davanti ai magistrati perchè i loro versamenti risultavano nei «pizzini», riscontrati a loro volta dai collaboratori di giustizia. Le vittime del racket, convocate dagli inquirenti, davanti a elementi ritenuti inconfutabili, non hanno potuto fare altro che ammettere di aver versato la tangente ai mafiosi. In un paio di casi, però, nonostante le prove raccolte dalla Polizia di Stato, i commercianti hanno negato di avere pagato. Per loro potrebbe profilarsi un processo per favoreggiamento ai boss.

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