Il Sole 24 Ore

ITALIA

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2 aprile 2008

Borsellino, ufficiale dei carabinieri prosciolto dall'accusa di aver fatto sparire l'agenda del magistrato

di Umberto Lucentini

CALTANISSETTA. Prosciolto per non aver commesso il fatto: il colonnello dei carabinieri Giovanni Arcangioli, accusato di aver rubato il 19 luglio del 1992 l'agenda rossa del procuratore aggiunto Paolo Borsellino, esce assolto dall'udienza davanti al gup di Caltanissetta. Resta quindi un altro buco nero attorno alla strage di via D'Amelio, costata la vita al magistrato antimafia di Palermo e a cinque agenti di scorta: chi ha rubato l'agenda da cui il magistrato non si separava mai e dove potrebbe aver scritto appunti riservati?
Il gup di Caltanissetta, Paolo Scotto Di Luzio, ha chiuso così uno dei filoni d'indagine legati alla strage di via D'Amelio aperto grazie ad un'immagine televisiva: quella in cui si vedeva Arcangioli, allora comandante della sezione omicidi dei carabinieri di Palermo, allontanarsi da via D'Amelio con in mano la borsa del magistrato. La stessa borsa che pochi minuti dopo verrà ritrovata nell'auto blindata di Borsellino, e consegnata in Questura senza l'agenda che il magistrato portava sempre con sé e di cui hanno parlato i familiari e i principali collaboratori.
«Valuteremo cosa fare dopo aver letto le motivazioni della decisione che verranno depositate entro trenta giorni» ha spiegato il sostituto procuratore Rocco Liguori, che ha chiesto il rinvio a giudizio di Arcangioli per furto commesso al fine di favorire Cosa nostra (l'iscrizione nel registro degli indagati dell'ufficiale dei carabinieri era stata decisa dal gip Ottavio Sferlazza, che per due volte aveva respinto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura).
«È una sentenza di cui bisognerà leggere le motivazioni e che accogliamo col rispetto massimo» commenta l'avvocato Francesco Crescimanno, legale di parte civile. «Ho la sensazione che non verificando a dibattimento le accuse nei confronti di Arcangioli si tagli la possibilità di capire per quale ragione e per quali percorsi questa agenda è stata sottratta dalla borsa del dottor Borsellino. Di certo è che questa borsa è stata portato lontano dal posto in cui era e che poi è stata riportata. Il che vuol dire che si è voluto far finta che non fosse mai stata trovata».
Tramite i suoi legali, gli avvocati Diego Perugini e Sonia Battagliese, il colonnello Arcangioli ha spiegato durante l'udienza di voler rinunciare alla possibilità di chiudere il procedimento usufruendo della prescrizione. «Resterebbe una macchia troppo grande su di me». Durante le dichiarazioni spontanee, Arcangioli ha sostenuto che di quel 19 luglio '92 ha ricordi confusi, scambiati per reticenze dalla pubblica accusa.
Sull'immagine che lo ritraeva con la borsa del procuratore aggiunto appena ucciso con un'autobomba, Arcangioli non dice nulla. Né, alla Procura di Caltanissetta, ha saputo spiegare perché si è allontanato per almeno 70 metri dal luogo della strage, e perché è tornato indietro e ha lasciato la borsa nell'auto di Borsellino dove è stata ritrovata "ufficialmente" da un assistente della polizia di Stato che l'ha portata in Questura. Dentro, la polizia trovò un paio di occhiali da sole e un costume, non l'agenda rossa che il suo poliziotto di scorta, Antonio Vullo, ricorda di aver visto in mano al magistrato mentre saliva sull'auto blindata diretta verso via D'Amelio.
Attorno alla borsa di Borsellino resta quindi un buco di almeno sette minuti: diversi testimoni, tra cui l'ex pm Giuseppe Ayala, hanno detto di aver visto la borsa subito dopo la strage. Ma tra poliziotti, carabinieri, appartenenti ai servizi segreti presenti quel terribile pomeriggio, non è stato ancora possibile identificare chi l'abbia presa.

2 aprile 2008

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