Renato Schifani é il nuovo presidente del Senato. L'assemblea di Palazzo Madama ha salutato con un lungo applauso non appena raggiunti i 162 voti necessari per l'elezione, che rappresentano la maggioranza dell'assemblea. Schifani é poi stato eletto al timone del Senato con 178 voti, 4 in più rispetto a quelli sulla carta di Pdl, Lega e Mpa. Sono state 117 le schede bianche, 3 le nulle, 13 i voti attribuiti alla senatrice radicale del Pd Emma Bonino, 2 al senatore Pdl, Giuseppe Pisanu . Molti i senatori che hanno ottenuto un voto: il presidente uscente, Franco Marini, Sergio Zavoli, Maria Elisabetta Alberti Casellati, Helga Thaler Ausserhofer, Giuseppe Lumia, Paolo Rossi. «Sarò il garante di tutti, il massimo garante delle regole», ha detto Schifani, che ha reso omaggio al Capo dello Stato e ha rivolto un ringraziamento al presidente uscente Franco Marini per l'equilibrio e la capacità di includere tutte le componenti parlamentari e alle doti di equilibrio della senatrice Anna Finocchiaro, capogruppo uscente del Pd al Senato. Schifani ha poi affermato che il Parlamento deve avviarsi verso «una feconda stagione di riforme condivise» perchè è necessaria «una condivisa riscrittura delle regole».
Il via libera alla prima seduta del Senato della XVI Legislatura è stato dato dal senatore a vita Giulio Andreotti. Il compito in realtà sarebbe spettato a Rita Levi Montalcini, la più anziana di Palazzo Madama, ma la senatrice ha rinunciato. Ha poi declinato l'invito anche il secondo in linea di età, il senatore a vita Oscar Luigi Scalfaro, che ha ceduto il timone ad Andreotti. A sorpresa Emma Bonino ha posto la sua candidatura a presidente del Senato. Il presidente Andreotti ha risposto che formalmente l'assemblea non poteva accogliere candidature. Pierluigi Castagnetti, vicepresidente anziano della precedente legislatura, ha aperto nell'aula di Montecitorio i lavori della XVI legislatura e si è commosso nel ricordare il sacrificio di Aldo Moro e dei cinque agenti della sua scorta, di cui ricorre il trentesimo anniversario. Forti applausi in aula all'ingresso di Gianni Alemanno, nuovo sindaco di Roma, Pd sotto shock perché se la sconfitta alle politiche era prevedibile, la debacle al Comune di Roma era inaspettata.
Il nuovo Parlamento, nonostante il porcellum, è radicalmente trasformato rispetto alla legislatura precedente. Alla Camera, dove c'erano ben 13 gruppi, oggi sono 6 (Pdl, Lega Nord, Pd, Idv, Udc, Misto). Al Senato, dove erano 11, adesso sono 5 (Pdl, Lega Nord, Pd, Idv, Misto). Non c'è più la rappresentanza della Sinistra-Arcobaleno, quindi deputati e senatori del Pd saranno più a sinistra negli scranni parlamentari.
Sul fronte delle presidenze delle due Camere i giochi sono già fatti. Renato Schifani è stato eletto alla prima votazione come diciottesimo presidente del Senato. Gianfranco Fini, invece, per la diversità della modalità di voto della Camera, (le prime tre votazioni sono a maggioranza qualificata dei due terzi e le opposizioni hanno annunciato che voteranno scheda bianca), dovrà attendere domani per la sua elezione. Nella mattinata la prima votazione si è chiusa con un nulla di fatto. Nel pomeriggio seconda fumata nera: i 308 voti ottenuti da Gianfranco Fini non bastano per raggiungere la maggioranza dei due terzi (393 voti). Una curiosità: i voti sono risultati 589, su 588 presenti. La spiegazione? Un deputato o deputata, ha spiegato il presidente Pierluigi Castagnetti, ha depositato due schede nell'urna.