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Governo ombra: i sì e i no del Partito democratico

di Lina Palmerini

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22 maggio 2008

Quando a Napoli si sono appena spenti i riflettori su Silvio Berlusconi e i suoi ministri, a Roma – in un contesto assai più modesto – inizia la prima conferenza stampa del Governo ombra. E dalle prime reazioni, già è possibile intravedere quali saranno i comportamenti nelle aule parlamentari, i «sì» o i «no» che il Partito democratico riserverà al Governo. C'è però una premessa da fare. Perché il fair play istituzionale rischia di non decollare affatto per colpa di una norma che riguarda Rete 4. «Il bon ton istituzionale terminerà se si cerca di aggirare la sentenza della Corte europea», ha subito chiarito Ermete Realacci mentre Enrico Letta al suo fianco sussurrava «il lupo perde il pelo ma non il vizio». Al netto di questa spada di Damocle che pende, ieri si potevano immaginare già i voti sui singoli provvedimenti.

Sull'emergenza rifiuti, per esempio, l'appoggio del partito di Veltroni ci sarà. A dare il via libera è Ermete Realacci che non risparmia critiche anche alla magistratura: «Se la proposta del Governo è di rompere il balletto delle responsabilità, noi siamo pronti a fare la nostra parte. La novità delle discariche dichiarate siti di interesse strategico nazionale sembra sottrarre tali località alla competenza della magistratura che onestamente nell'ultimo periodo si è occupata della crisi rifiuti in un modo che appare fuori contesto». E ci sarà il voto favorevole del Pd pure su una parte del pacchetto sicurezza (quella del decreto che ricalca le norme già scritte da Amato) mentre sul reato di immigrazione clandestina – che l'Esecutivo ha dirottato sul Ddl – ci sarà il voto contrario. Più problematico il giudizio sulle misure economiche. E questo perché – pur essendoci una contrarietà di merito su Ici e straordinari – sono comunque misure troppo popolari per mettersi di traverso senza una qualche cautela.

«Il Governo dica che siamo stati noi a cancellare l'Ici per il 40% dei cittadini. Dunque, non siamo contrari a un'abolizione totale ma riteniamo che la priorità sia il potere d'acquisto di salari e pensioni. Questi 2,5 miliardi di euro potrebbero essere usati per dare 400 euro di detrazioni fiscali a 6,5 milioni di pensionati, o per sostenere i redditi da lavoro dipendente». Così ha parlato Pierluigi Bersani, uno dei ministri-ombra presenti ieri che ha dato un giudizio complessivamente «deludente» sulle prime misure fiscali del Governo facendo immaginare una possibile astensione. Sulla detassazione degli straordinari si apre invece uno scenario un po' diverso. Perché il Pd punta a introdurre alcune correzioni per poterlo votare. «Il giudizio resta sospeso ma se il provvedimento verrà riequilibrato a favore dei premi di produttività e se sarà esplicito che si tratta solo di un primo intervento verso la riduzione delle tasse sul lavoro, sarebbero due passi per noi importanti», spiegava Enrico Letta "ombra" di Maurizio Sacconi. Il fatto è che c'è un altro problema che la questione straordinari trascina con sé: la divisione sindacale con la Cgil contraria alla misura mentre Cisl e Uil sono favorevoli. Ora, una spaccatura sindacale sarebbe un problema anche per il Pd: creerebbe non pochi imbarazzi doversi schierare. «Certo che sarebbe un problema, ma lo sarebbe anche per il Governo. Nessuno ha l'interesse a riprodurre una divisione sindacale che gelerebbe l'intesa comune sulla riforma della contrattazione», spiega Giorgio Tonini, della segreteria Pd ex cislino.

E sembra che perfino Pietro Ichino abbia detto che questa volta sugli straordinari ha ragione la Cgil. Proprio all'Arel ieri c'è stata una riunione con Letta, Tiziano Treu, Pietro Ichino per un focus per mettere a punto come supportare l'intesa sindacale sulla revisione della contrattazione che tenga unito il sindacato su posizioni riformiste. C'è un'altra questione: le banche. «Il rischio è che si crei un cartello di fatto con il placet del Governo, noi staremo con quattro occhi aperti per lasciare intatte le condizioni di miglior favore per il consumatore», è l'attacco di Bersani che rivendica: «Se c'è la rinegoziazione dei mutui è grazie alla legge Bersani che hanno tanto osteggiato».

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