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La rotta dei clandestini punta sulle città del Nord

di Franca De Ponti e Francesca Padula

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12 maggio 2008

L'irregolarità degli stranieri abita in tutta Italia, ma fa più paura al Nord. Perché nella graduatoria delle aree ad alta densità di immigrazione clandestina le prime dieci sono nel ricco Nord e undicesima è Macerata. La palma va a Brescia, con 32 cittadini extracomunitari senza permesso di soggiorno ogni mille abitanti, seguita da Mantova con 28,8. E scendendo s'incontrano le città del Veneto e dell'Emilia Romagna che contano un'incidenza di 20 irregolari ogni migliaio di presenze (contro gli 11 della media nazionale) e che hanno mostrato, con il voto di un mese fa, quanto profondo sia il disagio delle popolazioni locali in relazione ai problemi dell'immigrazione clandestina e della sicurezza.
La graduatoria è il primo "censimento" dei clandestini sul territorio nazionale realizzato – sulla base delle 724mila domande presentate per il decreto flussi 2007 – dal dipartimento di Demografia dell'Università Milano Bicocca per il Sole 24 Ore e per la Fondazione Ismu. I risultati dicono che i sans papier sono almeno 650mila e aumentano all'aumentare degli stranieri regolari. Come dimostra il susseguirsi quasi identico delle prime città nelle classifiche dell'irregolarità e in quella della densità di stranieri (con permesso e senza) sulla popolazione totale. E come conferma il caso della stessa Brescia che conta anche la maggior percentuale di presenze extraUe in Italia (13,2%): nessuno stupore di questa correlazione, sottolinea il presidente della Provincia.
Proprio in settimana, peraltro, potrebbero arrivare le misure "restrittive" annunciate dal nuovo Governo, che dovrebbero tener conto anche degli input dei Comuni interessati. Il neosindaco di Brescia, ad esempio, propone di mantenere il permesso di soggiorno solo a chi ha un affitto intestato e almeno 6mila euro di reddito (si veda l'articolo a fianco).
Se dalle prime due classifiche si passa poi a misurare il tasso di clandestinità – ovvero quanti privi di permesso ogni cento immigrati presenti – la graduatoria si capovolge: al top salgono le città del Mezzogiorno, Crotone e Messina in testa con il 35-38 per cento. Un trend che fotografa bene da un lato il fenomeno degli sbarchi e del primo approdo di molte persone che, nel tempo, si trasferiscono al Nord e trovano una collocazione; dall'altro l'alta influenza dei clandestini su comunità comunque meno numerose.
Il censimento misura l'incidenza dell'immigrazione «irregolare». Ma «irregolari» sono anche tutti i clandestini (la maggioranza) che un lavoro ce l'hanno. Senza contratto. Per loro le domande di assunzione sono state compilate dai datori italiani e inviate al ministero dell'Interno da dicembre in poi. Il server del Viminale custodisce l'identikit di aziende e famiglie che le hanno mandate (complete di indirizzo e codice fiscale), il profilo delle attività più richieste (il 57% colf e badanti), fino alla provenienza dei lavoratori "chiamati".
Incrociare queste informazioni consente di conoscere meglio la geografia dell'immigrazione, e quindi di intervenire sui punti di debolezza e sfruttare quelli di forza. I pericoli delle minoranze isolate e meno inserite e, al tempo stesso, le potenzialità delle comunità integrate nei distretti economici.
Prendiamo ad esempio il Veneto, dove convivono comunità straniere numerose e diverse tra loro, con compiti altrettanto diversificati nelle famiglie e nel tessuto delle piccole imprese manifatturiere: dalla sola Venezia sono partite 4.500 richieste di assunzione per cittadini del Bangladesh, da Verona "solo" 635 per questa nazionalità e ben 5.826 per il Marocco. A Treviso la situazione si ribalta a favore della Cina (3.600 richieste) e del Marocco (3.200). In teoria, non c'è posto per tutti. In pratica i lavoratori sono già inseriti qui e cercano a tutti i costi di regolarizzare (con l'appoggio del datore) la propria posizione in Italia.
Immigrati, quindi, non solo da temere. Ma anche, ormai da tempo, un motore del Paese. Le ultime stime sul peso da attribuire al loro lavoro le ha presentate l'Unioncamere e si attestano al 9,2% del Pil, sulla falsariga dell'8,2% calcolato dall'Ismu qualche mese fa. Ma anche elaborazioni più prudenti – come quelle del Sole 24 Ore e della Caritas – attribuivano agli stranieri già un anno fa oltre il 6% del totale, con picchi più elevati proprio al Nord.

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