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Il Ddl Brunetta: licenziati con procedura pendente

di Giorgio Pogliotti

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12 GIUGNO 2008

Il dipendente pubblico potrà essere licenziato anche se il procedimento penale è pendente. In caso di sentenza definitiva di assoluzione, l'amministrazione potrà valutare se procedere al reintegro o al risarcimento del danno.
Sono alcune delle novità del Ddl contenente la delega al Governo per «ottimizzare la produttività del lavoro pubblico» che il ministro Renato Brunetta ha illustrato ieri ai sindacati, al tavolo convocato per avviare il confronto prima dell'approvazione del testo, prevista al consiglio dei ministri di mercoledì prossimo. Nel decreto legislativo saranno definite le infrazioni che per la loro gravità comportano il licenziamento, come lo scarso rendimento, la falsificazione di attestazioni di presenze e la presentazione di certificati medici falsi. Negli ultimi due casi scatterà il reato di truffa aggravata e il dipendente dovrà risarcire il danno patrimoniale e di immagine subito dall'amministrazione. Le sanzioni più forti sono accompagnate dall'introduzione di strumenti di valorizzazione del merito e da incentivi alla produttività, anche attraverso l'affermazione del principio di selettività e di concorsualità nelle progressioni di carriera.
La disciplina della contrattazione nel settore pubblico verrà modificata da un decreto legislativo che definirà gli ambiti riservati alla legge (o ai contratti collettivi). Sarà regolamentata con legge l'organizzazione del lavoro, il sistema di valutazione del personale e tutto il regime delle responsabilità. Un capitolo è dedicato alla dirigenza pubblica: è previsto che l'accesso alla prima fascia dirigenziale avvenga con concorso pubblico, almeno per una percentuale di posti. Viene inoltre ribadito il principio della piena autonomia e responsabilità del dirigente nella gestione dei dipendenti. L'erogazione del trattamento accessorio spetta ad un numero limitato di dirigenti in base ai risultati ottenuti nel procedimento di valutazione, con la sospensione dell'indennità di risultato alle amministrazioni che non abbiano adottato sistemi di valutazione dei risultati. Si prevede una nuova disciplina delle incompatibilità per i dirigenti pubblici per rafforzare la loro autonomia rispetto ai sindacati e all'autorità politica.

Con queste misure Brunetta intende allineare i tassi di assenteismo, in un triennio, a livelli simili al settore privato. «Non c'é ragione per cui l'assenteismo nel pubblico debba essere il doppio del privato ha detto . Tutto dipende dalla mancanza di controlli. Serve un datore di lavoro vero e i dipendenti non possono essere mossi solo dall'amor proprio, ma anche da premi che riconoscano il merito». Quanto al rinnovo contrattuale: «Abbiamo un impegno di aprire il confronto sul biennio 2008-2009 – ha aggiunto Brunetta –, finora non abbiamo potuto far nulla perchè il precedente governo non aveva stanziato un euro per il rinnovo. Stiamo riflettendo con Tremonti, occorrerà, nelle more del nuovo modello contrattuale, avere anche una soluzione per l'ultimo biennio contrattuale, è una questione aperta».

Reazioni sindacali
Un nuovo incontro con i sindacati è fissato per martedì prossimo. Cgil, Cisl e Uil giudicano positivamente l'obiettivo di modernizzazione delle pubbliche amministrazioni perseguito dal piano Brunetta. Entrando nel merito del provvedimento, è oggetto di critiche il venir meno – per il dipendente licenziato perchè sotto processo – dell'obbligo del reintegro da parte dell'amministrazione, dopo la sentenza di assoluzione. Per il coordinatore del dipartimento settori pubblici della Cgil, Michele Gentile, «potrebbe configurarsi una modifica » della disciplina sulla giusta causa per il licenziamento,l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, vista la presenza di una «logica della discrezionalità».
Sospende il giudizio la Cisl che ribadisce la disponibilitá al confronto: «Più che un documento mi pare un indice di cose da fare che per l'80% sono già regolamentate dai contratti », dice il segretario confederale Gianni Baratta. Per Salvatore Bosco ( Uilpa) «deve essere la contrattazione collettiva e non la legge a dettare le regole in materia di organizzazione del lavoro, premi di risultato e sanzioni».

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