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La chance delle nuove relazioni industriali

di Alberto Orioli

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7 GIUGNO 2008


Per troppi anni le relazioni industriali sono servite a distribuire più potere che non reddito. È sufficiente un dato: negli anni 60 bastava un decennio per raddoppiare la propria retribuzione in termini reali, negli anni 80 ci voleva un'intera vita lavorativa, oggi ci vorrebbero più di tre vite.
Alla fine del secolo scorso,alle parti sociali – imprese e sindacati – è stata chiesta un'opera di straordinaria supplenza verso una classe politica azzerata da Tangentopoli; in anni più recenti gli stessi soggetti hanno svolto un'azione di supporto per coalizioni rissose, incapaci di vera incisività d'azione. Il modello di relazioni industriali di riferimento aveva come obiettivo principale l'abbattimento dell'inflazione e dei tassi d'interesse. Ben presto tutto ciò è diventato la concertazione della politica economica che ha concentrato la dialettica sociale soprattutto sulle politiche fiscali, di welfare e di incentivazione pubblica verso il mondo della produzione.
Da martedì quella supplenza finisce del tutto. Riparte il "cantiere" per la costruzione di un nuovo modello di contrattazione, tema principe delle relazioni industriali. Per questo sono state importanti ieri le indicazioni strategiche illustrate dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia a Bergamo e le «prospettive culturali» lanciate a Santa Margherita Ligure da Federica Guidi a nome dei Giovani industriali.
È il tempo della produttività, argomento già presente nell'accordo storico del '93 – l'intesa ora oggetto di profonda revisione – ma finora sempre eluso. L'aggancio all'inflazione è stato un obiettivo "difensivo", di una contrattazione per i bisogni primari (il costo della vita che pesa soprattutto sui generi più acquistati); la produttività è oggi un obiettivo più sofisticato, di crescita. È come se garantisse ai protagonisti del confronto l'energia di un contrattacco.
La produttività raffigura una missione più consapevole da parte di chi punta ad accrescere la torta da spartire. Ed è un indicatore che dà conto della capacità di un Paese e di un sistema produttivo di migliorarsi, di innovare, di modificare assetti organizzativi, di aumentare la qualità del proprio personale, dei propri prodotti e servizi.

La produttività crea, laddove il confronto sindacale si svolga sulla base di analisi appropriate, un legame tra il miglioramento delle performance dei singoli con quello dell'intera performance d'impresa, fino a mettere in campo le strategie di internazionalizzazione o di investimento in ricerca e sviluppo. E introduce la discriminante del merito che vale sia verso il talento dei singoli, sia verso quello dell'impresa tutta.

I cittadini elettori hanno scelto con chiarezza: Governo e Parlamento hanno potuto riavere i loro spazi, nonostante una legge elettorale imperfetta. La politica li userà per definire la cornice delle scelte pubbliche. Le parti sociali sembrano rientrare nei ruoli pre-politici e concentrano l'attività nelle materie proprie della rappresentanza dei cittadini produttori e dei cittadini consumatori. Rientra in questa nuova dialettica la scelta fatta dal Governo Berlusconi di alleggerire il carico fiscale sugli straordinari e sui premi: avrà effetti importanti per le buste paga e potrà aiutare anche le scelte delle parti sul nuovo sistema di contrattazione.

Non è solo nella visione della Confindustria che il nuovo equilibrio salariale dovrà concentrarsi nelle aziende attraverso la contrattazione di secondo livello. Anche il sindacato parla di una nuova stagione che apra più spazi in azienda. Del resto è consapevolezza comune che, ad esempio, la proliferazione dei settori della contrattazione nazionale forse sia servita soprattutto a creare e ad alimentare burocrazie associative ormai superate. Di qui la necessità di accorpare alcuni comparti. È consapevolezza comune anche l'idea che debba essere il talento a essere premiato: la trattativa sarà su chi avrà il ruolo per determinare chi e quanto sia da incentivare.

Federica Guidi si proietta verso il mondo della contrattazione su misura, individualizzata, tailor made. Il sindacato cerca un ruolo e controbatte che, da solo, il lavoratore non avrà mai una forza contrattuale equivalente a quella dell'impresa. In realtà per le professionalità ad alto contenuto qualitativo il mercato offre già oggi le migliori tutele, ma per i lavoratori a minor "caratura" il sindacato avrà ruolo – come ha detto ieri Pietro Ichino – solo se riuscirà davvero ad agire come «intelligenza collettiva».

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