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Federalismo, ora si tratta

di Roberto Turno

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6 Giugno 2008

Ad annunciarlo per primo tra i governatori è stato significativamente il presidente della Lombardia e vice presidente di Forza Italia, Roberto Formigoni: sul federalismo fiscale il Governo non partirà né dal "modello Lombardia" né da quello "lumbard-leghista". Il punto di riferimento iniziale sarà il progetto elaborato poco più di un anno fa all'unanimità dalle Regioni. La promessa l'ha fatta ieri il Governo. E se Tremonti avverte che «il confronto non sarà né a Palazzo Chigi, né a Via XX Settembre, ma in Parlamento», i governatori intanto incassano la promessa di partecipare attivamente all'elaborazione del testo della rivoluzione federalista che sarà. E che potrebbe arrivare in settembre come Ddl collegato alla Finanziaria 2009, si ipotizza. Con una prima "ossatura" di federalismo grazie agli interventi sul bilancio statale che arriveranno fin dalla manovra di giugno.
Continuano le prove tecniche di dialogo tra Governo, Regioni ed enti locali. Nel segno di un possibile patto di legislatura, stando al doppio incontro di ieri di sindaci e governatori con la delegazione di Governo guidata in prima persona da Silvio Berlusconi. Perché il Cavaliere ha aperto in pieno al confronto, garantendo che fin dalla prossima settimana scatteranno gli incontri con le autonomie, a partire dal Dpef e dalla manovra di giugno. Ma ricevendo subito più di un altolà da parte dei governatori, a cominciare dal decreto legge di taglio dell'Ici, mal digerito dai governatori che lamentano le sforbiciate a infrastrutture, trasporto pubblico locale (373 milioni) e Fas.
Ma i nodi da sciogliere sono ancora tanti, forse troppi. Perché se il premier mette in guardia sull'andamento dei conti sollecitando tutti a far la propria parte, i governatori sulla carta accettano la sfida. Rilanciando, però: va rispettato il patto per la salute (è triennale, fino al 2009) e quello sul trasporto locale. La «strada dei patti» di legislatura, ha però confermato Raffaele Fitto (ministro delle Regioni), sarà rispettata. Bastasse alle Regioni, che dalla manovra di mezza estate temono tagli e misure assai poco gradite sul patto di stabilità, e non solo. Anche se il Governo, soprattutto in questa difficile fase complicata da una congiuntura economica in salita, al momento evita qualsiasi strappo.
Non sono un caso le sottolineature del rappresentante dei governatori, Vasco Errani (Pd, Emilia Romagna). «Abbiamo offerto la nostra leale collaborazione. A partire dall'impostazione del prossimo Dpef e dalle misure che arriveranno a giugno e, naturalmente, sul federalismo fiscale. Sarà un confronto preventivo, ma a partire dalla spesa pubblica allargata per decidere quale strategia adottare per dare insieme risposte serie ed equilibrate».
Quel «vediamo la spesa pubblica allargata» ha d'altra parte un senso preciso, come era emerso fin dalla mattina nella riunione riservata tra i governatori: a scanso di equivoci e di tagli improvvisi da parte dell'Economia, le Regioni mettono le mani avanti. Di interventi sulle proprie tasche non vogliono sentirne parlare. O quanto meno assai poco. L'«operazione trasparenza» sui conti, sostengono, sarà tra l'altro a "costo zero".
Va da sé che tra i presidenti di Regione, sempre a larga maggioranza di centro-sinistra, c'è chi ufficialmente alza di più il tiro. Come Nichi Vendola (Puglia): «Bossi progetta il secessionismo fiscale». Più soft, ma il risultato non cambia, Maria Rita Lorenzetti (Umbria): «Non si comincia bene quando il Governo taglia i fondi». E anche Claudio Martini (Toscana) precisa: «La Finanziaria andrà fatta in tempi fulminei e non è chiaro come saremo coinvolti».
Le Regioni, insomma, fanno quadrato. Fino a che resteranno davvero tutte unite. Anche se un asse inedito potrebbe offrirlo quello che da alcuni è visto come un pericoloso bypass: il dialogo serrato Pdl-Pd. «C'è il rischio che ci scavalchino», è stato detto nella riunione riservata tra i governatori. Di qui la proposta che ne è scaturita: facciamo squadra. Ieri hanno giocato tutti insieme. Domani, si vedrà.

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