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Il caso di una società di smaltimento di Gela: «Vittime del racket, costretti a licenziare»

di Donata Calabrese

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5 Giugno 2008

Nel febbraio del 2007 si ribellarono al pizzo. Da quella denuncia partirono 13 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti esponenti di spicco di Stidda e Cosa nostra.
Sette imprenditori di Gela adesso sono ridotti sul lastrico, rischiano il fallimento. Riuniti in un un'Ati, la Econet, i sette imprenditori da circa dodici anni si occupano del servizio dello smaltimento e della gestione dei rifiuti nei comuni di Gela, Niscemi, Mazzarino, Riesi e Butera per conto dell'Ato - Ambiente Cl 2. Avanzano crediti dalla Società d'Ambito, per circa sette milioni di euro. Rischiano il tracollo e ieri, nel corso di una conferenza stampa convocata nella sede di Confindustria Caltanissetta, hanno annunciato il rischio di licenziamento per un centinaio di dipendenti. Dopo aver già presentato tre decreti ingiuntivi, chiedono ora che venga dichiarato il fallimento dell'Ato. I titolari della Econet Riccardo Greco, Luca Callea, Matteo Consoli, Sebastiano Migliore, Gaetano Greco, Nunzio Cannizzo e Vincenzo Greco, meno di due mesi fa si erano barricati sul tetto della sede di Gela dell'Ato Cl2 perchè esclusi da una gara d'appalto, per la gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti, da 22 milioni di euro. Alla gara partecipò una sola ditta, la Aimeri di Milano che si aggiudicò l'appalto presentando un ribasso dello 0,1 per cento sull'importo a base d'asta. La gara, dopo il ricorso presentato dalla Econet è stata sospesa, in attesa che il Tar si pronunci il primo luglio sul giudizio di merito. «Quello che si è innescato – ha detto l'avvocato Alfredo Galasso – è un sistema infernale. Si è creato un ambiente ostile, nemico». Una denuncia, quella degli imprenditori gelesi, partita propria dalla sede di Confindustria Caltanissetta, divenuta per antonomasia il vessillo della lotta per la legalità, da quando per statuto venne deciso di espellere dall'Associazione degli Industriali gli imprenditori che si piegano al racket. «Volevamo dare l'esempio – ha incalzato uno dei imprenditori, Matteo Consoli – a tutte le vittime del pizzo. Volevamo lavorare nel rispetto delle regole. Ma oggi pur continuando a battermi per la legalità, ho perso la mia tranquillità. Sono in ginocchio. Se tornassi indietro non so più se denuncerei i miei estorsori». Nessun tentennamento – fra l'altro – da parte dei sette imprenditori nel puntare il dito contro i loro aguzzini, nell'aula del Tribunale di Gela, dove è in corso il processo nei confronti dei 13 imputati, che non hanno risparmiato alle loro presunte vittime frasi minacciose. Secondo le indagini condotte dalla Squadra mobile di Caltanissetta, la Econet iniziò a versare il pizzo nel 1996, con rate mensili che lievitavano di anno in anno, fino ad toccare i 18 mila euro mensili.
Di diverso avviso il presidente dell'Ato Cl 2 Franco Liardo. «Possiamo pagare solo i servizi che effettivamente vengono prestati e accertati. Il 2007, risulta sanato mentre per il 2008 stiamo provvedendo al saldo dei primi tre mesi. Alcune aziende che fanno capo alla Econet purtroppo non risultano a posto con il Durc nei periodi antecedenti alle denunce che hanno fatto perché vittime della mafia. Non possiamo agire nell'illegalità».

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