ILSOLE24ORE.COM > Notizie Italia ARCHIVIO

Nanga Parbat, salvi i due alpinisti italiani

di Luca Re

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
24 luglio 2008
La parete Rakhiot del Nanga Parbat (Ansa)


È finito lo slalom mortale tra i seracchi: Walter Nones e Simon Kehrer sono salvi al campo base dopo dieci giorni sul Nanga Parbat (8125 m), da quando, martedì scorso, il loro capo cordata Karl Unterkircher è morto precipitando in un crepaccio. Rallentati nella discesa dal continuo maltempo, che li ha bloccati prima a 7000 metri, poi a 6600 per due giorni. Troppa nebbia, impossibile individuare il percorso. Poi, finalmente, l'ultimo balzo a 5700 metri, su un pianoro ghiacciato, adatto al recupero in elicottero. Questa mattina, all'alba, i due alpinisti altoatesini hanno abbandonato la cresta della via Buhl, seguita fino a quel momento dopo essere usciti dalla parete Rakhiot: scesi con gli sci direttamente su pendii ripidi fino al pianoro e tratti in salvo dai mezzi dell'esercito pakistano.
Nones e Kehrer, così, hanno chiuso il conto con la "montagna del destino", tanti sono gli alpinisti caduti sui suoi versanti: sono usciti dal labirinto di ghiaccio e roccia della parete Rakhiot, dove nessun altro si era mai avventurato prima di loro. Hanno dovuto scalare fino a 7200 metri, prima di scendere dal ghiacciaio Bazin lungo la via inaugurata dal tedesco Hermann Buhl nel 1953 per la prima ascensione alla vetta. Continuare a salire, perché tornare sui propri passi, sarebbe stato troppo rischioso: una decisione obbligata, certi di non poter soccorrere Unterkircher inerte nella voragine, con la mente invasa d'angoscia ma anche adrenalina necessaria per affrontare le successive incognite.
Quanti giorni per raggiungere la fatidica Sella d'Argento, punto di contatto con la via di fuga? Quanto tempo per superare l'ultima fascia rocciosa verso la salvezza? Bisognava agire in fretta e sperare che il Nanga non scaricasse valanghe o bufere. Così Agostino Da Polenza, presidente del Comitato EvK2Cnr, organizzava in un lampo una spedizione di soccorso dall'Italia, coinvolgendo due alpinisti d'esperienza come Silvio Mondinelli e Maurizio Gallo. Giorni trascorsi a perlustrare la parete sugli elicotteri militari pakistani, che volano oltre i 6000 metri, a sbirciare tra le nubi per individuare la tendina dei due alpinisti. Il lungo silenzio, poi la chiamata di domenica dal telefono satellitare, lanciato il giorno prima dai soccorritori insieme ai viveri: «Stiamo bene. Domani mattina inizieremo la discesa. Abbiamo gli sci».

La morte di Unterkircher
L'incidente a Unterkircher è avvenuto martedì scorso, nel punto individuato come il più rischioso dal terzetto: quel seracco a metà parete, pronto a trasformarsi in trappola mortale. Unterkircher avanzava in testa, quando d'improvviso una costola nevosa è crollata sotto i suoi ramponi, inghiottendolo in un profondo crepaccio a circa 6400 metri. Svanita ogni possibilità di recuperare il corpo del capo spedizione, i superstiti hanno deciso di proseguire la scalata, puntando a superare quota 7000 per scavalcare la parete e uscire sul ghiacciaio Bazin. Lì si sono ricongiunti con la via percorsa da Buhl nel '53.
Nones e Kehrer hanno realizzato, in mezzo a ritardi, sofferenze e con l'aiuto dei soccorsi, l'impresa sognata da Unterkircher: aprire una via nuova sulla parete Rakhiot. Purtroppo il sogno è mutato in incubo, con la morte di uno degli alpinisti più forti, in grado di coniugare il gesto tecnico con l'esplorazione. Lo scorso anno, il 20 luglio, Unterkircher aveva conquistato con Daniele Bernasconi la cima del Gasherbrum II (8035 m) scalando l'inviolata parete nord. Un'avventura senza portatori d'alta quota né ossigeno supplementare, a cercare pilastri di roccia e neve ancora vergini.
Unterkircher intendeva riprovarci sul Gasherbrum I, ma i divieti delle autorità cinesi lo avevano costretto a modificare i suoi progetti. Così aveva rivolto sguardi e pensieri al versante Rakhiot; incombente con i suoi seracchi e vertiginosi pendii ghiacciati mai calpestati dall'uomo. Unterkircher temeva il Nanga Parbat, come aveva annotato a più riprese nei suoi resoconti dal campo base a 4000 metri. C'era, in lui e nei due compagni, quel misto di paura e determinazione che sempre precede le scalate difficili. Il confine tra rischio calcolato e azzardo può essere labile su quelle pareti; il margine di sicurezza si riduce drasticamente. L'alpinismo è anche inseguire un sogno ad occhi aperti, con il pericolo di riposare per sempre sul fondo di un crepaccio.

RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio
L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.


 
   
 
 
 

-UltimiSezione-

-
-
8 maggio 2010
8 maggio 2010
08 Maggio 2010
8 maggio 2010
8 maggio 2010
 
Prendeva la pensione della madre morta. Arrestato
L'Indagine del Cnr nei mari italiani
IL PUNTO / Il dopo Scajola e gli interrogativi sul governo
Addio a Giulietta Simionato
VIDEO / Le dimissioni di Scajola (da C6.tv)
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-