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Non soddisfatto, scova un investitore americano pronto a scucire 100 milioni di dollari l'anno in cambio di un ruolo nella gestione degli scavi. Non dura. La lobby dei soprintendenti teme che il decisionismo manageriale possa mettere in secondo piano la stessa tutela delle rovine. Al cambio di maggioranza, il ministro Giuliano Urbani cerca di trattenerlo, ma Gherpelli fa la conta dei suoi nemici e capisce di aver frantumato troppi interessi consolidati. Alla fine del 2001 lascia. Per ironia della sorte sarà Romano Prodi, suo conterraneo e di nuovo presidente del Consiglio nel 2006, a cancellare con un tratto di penna la facoltà riconosciuta al ministro dei Beni culturali di nominare il city manager. Pompei ripiomba nel torpore e nella conflittualità dei tempi andati.
Il soprintendente Guzzo è impantanato in battaglie legali infinite con i proprietari di un ristorante attaccato a Villa dei Misteri, nel perimetro degli scavi. Don Raffae', il proprietario, si difende con le unghie e con i denti: «Ma che vole 'o sovrintendente? Tengo pure 80 milioni 'e condono!».
Furiosa battaglia pure con il concessionario della caffetteria interna, che gestisce in regime di monopolio sui 44 ettari degli scavi il suo punto di ristorazione. Smette di versare l'aggio perché - così sostiene - non è stata mantenuta la promessa di aprire altri cinque punti di ristoro. L'avvocato del concessionario è, guarda caso, il sindaco di Pompei, Claudio D'Alessio, frustrato dalla scarsa considerazione di Guzzo: «Le sembra normale che non abbia mai potuto discutere con il soprintendente la questione delle aree limitrofe agli scavi?». L'archeologo conferma: «Col sindaco non parlo. È controparte nella causa sulla caffetteria».
Il resto è pittoresco, o perlomeno qualcosa che gli assomiglia parecchio. L'anfiteatro non ospita una manifestazione dai tempi di Gherpelli e questa estate non aprirà né il teatro Grande né quello Piccolo perché l'Apt di Pompei - sempre retta da plenipotenziari bassoliniani a digiuno delle più elementari nozioni di turismo - sostengono di non aver fatto in tempo ad allestire il palco. Luigi Garzillo, ex direttore dell'azienda turistica e allievo di Piero Barucci a Firenze, costretto alla pensione anticipata per sfuggire alle vessazioni dei presidenti lottizzati, li ha ribattezzati «i teatri dei pazzi». Un anno fa, durante un recital di Roberto Benigni, quattro cani randagi recitarono con lui ululando alla luna. Performance inaugurata quattro anni addietro, quando a esibirsi fu il maestro Uto Ughi. Vibrazioni di violino e latrati sono jam session ancora poco collaudate.
E Ughi, nel bel mezzo dell'esecuzione, ripose il suo Stradivari nel fodero e guadagnò velocemente l'uscita. Dalla stessa porta entrerà oggi il ministro Sandro Bondi per un sopralluogo con i tecnocrati dei Beni culturali. Silvio Berlusconi, che di manager se ne intende, ha preso di petto la questione Pompei e ha deciso di affidare la corposa e complessa materia all'ex prefetto di Napoli, Renato Profili, al quale un'ordinanza firmata di suo pugno delega poteri straordinari per «fronteggiare la grave situazione di pericolo in atto nell'area archeologica». Ruins fisiche e metafisiche, refrattarietà lapidea e ululati canini compresi.
