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I debiti del Comune di Catania: con una firma l'assessore «adeguava» entrate e uscite

di Mariano Maugeri

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24 SETTEMBRE 2008

«M'aggiuva 'a delibera». Si accalcavano davanti alla porta del ragioniere capo del Comune di Catania, Vincenzo Castorina, una specie di signor Bartleby con sopracciglie folte e lo sguardo sottile di quei vecchi signori sempre pronti ad affrontare le conseguenze dei loro no. «Non mi rompete i c&, soldi non ce ne sono», alzava la voce Castorina Bartleby, un personaggio più brancatiano che melvilliano. E la mandria degli assessori arretrava, imprecando contro San Vincenzo e i Beati paoli. M'aggiuva, mi serve, è un imperativo che usano i meccanici catanesi per chiedere un cacciavite, una pinza, un martello. Anche gli assessori al Bilancio del Comune di Catania, tutti tranne uno di fede firrarelliana –dal nome di Pino Firrarello, senatore di Forza Italia e nemico giurato del nuovo viceré di Sicilia,l'autonomista Raffaele Lombardo usavano le delibere come attrezzi da scasso per scardinare le casse del Comune.

Nel 2002, sindaco Umberto Scapagnini, il farmacologo dell'elisir di lunga vita, e vicesindaco Raffaele Lombardo, la delega al Bilancio viene affidata a Antonino D'Asero detto Nino, di Biancavilla, paesone alle porte di Catania famoso per le sue arance succose. D'Asero "m'aggiuva" non lo pronuncia, perché gli sembra un atto di sottomissione. E ordina al ragioniere capo di «adeguare » le entrate del bilancio preventivo 2003. Castorina Bartleby risponde che adeguare è il verbo sbagliato: o c'è la copertura della spesa o non c'è.«Adegua e firma»,gli ordina il commercialista di Biancavilla. Il ragioniere non adegua e firma le dimissioni dall'incarico. Il bilancio 2003 chiude in pareggio, ma qualche anno dopo salta fuori una perdita di 40,6 milioni di euro. Nel 2004 se ne aggiungono altri 42,7. D'Asero i mandati di pagamento li tiene sotto chiave nel suo cassetto.Non vale più l'ordine cronologico di Castorina. Chi vuole essere pagato deve fare anticamera fuori dall'ufficio dell'assessore, che Scapagnini presenta a tutti come «il mio Tremonti».

Tre indagini della Corte dei conti, una del ministero delle Finanze e la relazione del ragioniere generale della Regione siciliana scriveranno parole di fuoco su quegli anni: «Si è cercato in tutti i modi possibili (entrate iscritte per un importo maggiore da quello riscosso, spese sottostimate o addirittura non contabilizzate) di far fronte a sempre maggiori esigenze e alle conseguenti spese pur in assenza di reale copertura finanziaria». Il dirigente che rimpiazza Bartleby Castorina si becca un'azione di responsabilità da parte della Corte dei conti, ma da luglio una sessantina fra ex assessori, sindaco e dirigenti sono indagati per associazione per delinquere, falso ideologico aggravato, falso in bilancio. Ai conti disastrati del Comune si aggiungono quelli delle municipalizzate. È lo stesso portavoce di Raffaele Lombardo, che nel 2003 viene eletto presidente della Provincia di Catania, ad ammetterlo: «Ai tempi di Enzo Bianco (ex sindaco ulivista di Catania, Ndr) alle municipalizzate c'erano manager in gamba, ora ci sono i trombati ». L'azienda municipale trasporti, Amt, ha accumulato in sette anni un passivo di 116 milioni. In perdita vertiginosa anche le utilities l'azienda del gas, quella dell'acqua e la multiservizi - che altrove macinano utili. Gli organici si gonfiano, 700 lavoratori socialmente utili vengono stabilizzati a spese del Comune, lo staff di ogni assessore rinforzato con tre consulenti super pagati. Ci sono spese insensate, come i 18mila euro al mese pagati per affittare la sede della municipalità Ognina-Picanello.

Tre giorni prima del voto, nel 2005, il sindaco concede prebende ai 4.200 dipendenti comunali per i disagi patiti durante la pioggia di polvere lavica caduta durante l'eruzione dell'Etna. Un turbamento della campagna elettorale che a Scapagnini, da maggio deputato della Repubblica, costa la condanna in primo grado.

Gli estremi del dissesto finanziario sono conclamati da almeno tre anni. Bastano due bilanci in perdita senza un piano di rientro. A Palazzo degli Elefanti se ne infischiano e banchettano con i resti. In nome di un autonomismo cieco, lo statuto speciale prevede che sia il consiglio comunale a dichiarare il dissesto. In alternativa, l'assessorato agli Enti locali della Regione siciliana può inviare un commissario. Gli stessi partiti, insomma, hanno il doppio ruolo di controllore e controllato. Nessuno si muove. Non ci sono più i soldi per pagare lo stipendio di settembre dei dipendenti comunali, tra i quali 400 netturbini, che annunciano sfracelli. L'Enel ha tagliato la corrente e la notte le tenebre avvolgono la città. È buio pesto: della memoria, del buon governo e dell'etica pubblica. «Berlusconi aiuterà Catania », ripete il neosindaco Raffaele Stancanelli, vicinissimo al viceré Lombardo. Ma stavolta il miracolo di san Silvio tarda

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