Il Partito democratico scende in campo contro la riforma della scuola del ministro Mariastella Gelmini, definita «di un'improvvisazione totale». Lo fa lanciando lo Scuola Day, che avrà luogo il 26, 27 e 29 settembre davanti agli stessi istituti scolastici, ma anche facendo i conti sui tagli voluti dal ministro della Pubblica Istruzione. Cifre al ribasso, che accusano il Governo Berlusconi di aver scelto la strada dei tagli a discapito della formazione delle future generazioni, partendo proprio dalla scuola elementare, «l'unica che funziona», come dice il leader del Pd Walter Veltroni.
Conti alla mano, il Partito democratico denuncia l'impossibilità di mantenere il tempo pieno nelle scuole, smentendo il ministro Gelmini. Alle elementari, in particolare, il Pd afferma che «con il maestro unico i bambini dovranno tornare a casa alle 12,30». Veltroni la definisce «una scelta che avrà conseguenze drammatiche per le famiglie, specialmente nelle grandi città». Ma anche i piccoli centri, soprattutto le isole e i paesi montani, saranno colpiti dai tagli della riforma Gelmini, perdendo le loro scuole. Il risultato, sostiene Veltroni, è che «aumenteranno non solo le spese dei comuni per il trasporto dei bambini, ma anche la quantità degli alunni nelle singole classi e la dispersione scolastica».
Con 130 mila tagli negli organici nel personale della scuola, secondo l'ex ministro della pubblica istruzione Beppe Fioroni, il risultato sarà anche il mancato ricambio del corpo docente e un invecchiamento degli insegnanti: «scorrendo le graduatorie, i più giovani che hanno qualche possibilità di essere chiamati saranno almeno sui cinquant'anni». Si allungheranno quindi le liste dei precari e saranno soprattutto le donne a pagare il prezzo più alto, sottolinea Walter Veltroni. «La maggior parte degli insegnanti – spiega – è donna, ma anche madre e non sarà facile gestire una famiglia senza stipendio e con i figli in casa dopo le 12,30».
Veltroni parla di un necessario patto forte fra gli insegnanti e le famiglie, che vada al di là del 7 in condotta, come punizione per chi compie atti di bullismo. Secondo il leader del Pd questa potrebbe rivelarsi un'arma a doppio taglio, che porterebbe all'evasione dalla scuola dei ragazzi più difficili. Non solo rigore per gli studenti, ma anche nella giudizio sulle scuole, che per Veltroni dovrebbero essere soggette «a un sistema di valutazione di merito fatto da un soggetto terzo».