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Crack di Catania, 47 avvisi di garanzia, coinvolto anche Umberto Scapagnini

di Gianni Trovati

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12 ottobre 2008
L’ex sindaco di Catania Umberto Scapagnini, noto per essere il medico personale di Silvio Berlusconi, è stato eletto primo cittadino del Comune siciliano nel 2000 e nel 2005

Si era detto entusiasta dell'idea di una commissione d'inchiesta interna al Comune. Ma sull'ex sindaco di Catania Umberto Scapagnini, e su altri 46 fra ex assessori al bilancio e altri dirigenti comunali, le indagini erano già in corso da parte della Procura del capoluogo etneo, che ora ha emesso altrettanti avvisi di garanzia per abuso d'ufficio e falso.

A far scattare le indagini della Procura (di cui aveva dato notizia il Sole 24 Ore a luglio) sono i buchi nel bilancio comunale che hanno condotto la città sull'orlo del dissesto finanziario, lungo mesi di calvario costellati di debiti sempre più difficili da onorare, luci spente nelle vie del centro per i 20 milioni di euro non pagati all'Enel e stipendi sospesi anche per 10 mesi. Tra i 47 avvisi di garanzia spiccati dalla Procura, che ha subito secretato gli atti relativi agli interrogatori già effettuati nell‘inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Gennaro e dai sostituti Francesco Puleio e Andrea Ursino, ci sono, oltre all'ex sindaco Scapagnini (oggi parlamentare per il Popolo della Libertà), gli ex assessori al Bilancio, i responsabili dei servizi finanziari e altri funzionari del Comune. Per il medico personale di Silvio Berlusconi non è il primo infortunio con la magistratura siciliana: a maggio i giudici di Catania hanno infatti condannato a 2 anni e 6 mesi l'ex sindaco per abuso d'ufficio e violazione della legge elettorale per la vicenda dei contributi previdenziali concessi ai dipendenti del Comune per i danni subiti a causa della cenere dell'Etna. Un generoso assegno che il municipio allora guidato da Scapagnini staccò tre giorni prima delle elezioni amministrative del 2005 che lo riconfermarono in sella alla Giunta.

Tecnicamente, a far scattare i rischi più concreti di dissesto sono 99 milioni di euro di disavanzi accumulati tra 2004 e 2006, che il Comune non è stato in grado di ripianare integralmente entro i due anni di tempo concessi dalla legge. Ma al di là dei tecnicismi, il buco nei conti comunali si rivela una voragine da 357 milioni di euro secondo i calcoli degli stessi tecnici comunali, a cui si aggiungono quasi 600 milioni di euro di mutui che portano il rosso catanese a sfiorare la cifra record del miliardo di euro. Per correre ai ripari il Comune nei mesi scorsi ha tentato una serie di operazioni che non hanno retto la prova sul campo. La dismissione di un primo pacchetto di immobili a favore di Catania Risorse, la spa interamente comunale costruita appositamente nel 2006, è stata stoppata dall'Economia che nel portafoglio di immobili da destinare alla società ha trovato anche beni demaniali e del patrimonio indisponibile dello Stato. Superato questo primo, enorme, ostacolo, un altro problema insormontabile è stato rappresentato dalla ricerca dei finanziatori che avrebbero dovuto garantire al Comune il pagamento degli immobili conferiti. Risultata vana la ricerca, il municipio ha provato ad accertare "convenzionalmente" i fondi, vincolando all'effettivo arrivo dei finanziamenti la definizione dell'entrata, ma Corte dei conti e Ragioneria generale hanno acceso il semaforo rosso a questa operazione di finanza creativa.

Nei giorni scorsi, con una delibera Cipe e con il successivo decreto salvabilanci (il 154/2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 235 del 7 ottobre scorso), il Governo ha stanziato un assegno straordinario di 140 milioni per far uscire dalle secche i conti catanesi. Ma la dotazione finanziaria, che pure è consistente ed ha avviato una polemica infuocata e bipartisan nei Comuni del centro-nord, è poco più di una boccata d'ossigeno per i conti della seconda città della Sicilia, nono Comune italiano per dimensioni. Lo sa bene lo stesso sindaco Raffaele Stancanelli, succeduto a Scapagnini alla guida della città, che nelle scorse settimane aveva chiesto al Governo 200 milioni perché il Comune potesse sopravvivere e ha presentato un piano in più punti per riportare in vita le finanze comunali. Tra le contromosse annunciate da Stancanelli c'è il commissariamento di tutte le partecipate comunali, che per ripianare le loro perdite hanno presentato al Comune un conto da 119 milioni. "Le partecipate - ha ribadito Stancanelli senza ricorrere a giri di parole - sono la vera vergogna di Catania. È uno scandalo che siano in perdita settori come le utility, che in tutto il resto d'Italia macinano utili".

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