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La Francia è un modello dagli anni 70

di Leonardo Martinelli

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Giovedí 16 Ottobre 2008

Il putiferio scoppiato in Italia intorno alle "classi di inserimento" per stranieri genera in Francia stupore, sorpresa, incredulità. Al ministero dell'Educazione, gestito da Xavier Darcos, amicissimo di Nicolas Sarkozy, sottolineano che lo strumento da loro «esiste dagli anni Settanta e non ha mai generato polemiche».

E anche Gérard Aschieri, segretario generale della Fsu, la Federazione unitaria degli insegnanti, sindacato maggioritario del settore (e decisamente in odore di simpatie a sinistra), dice: «Il sistema non è mai stato criticato. Anzi, se protestiamo al riguardo, è perché di classi così non ce ne sono a sufficienza, per la mancanza di risorse».

Queste classi, riservate ai figli di immigrati che risiedano da meno di un anno sul suolo nazionale e che non abbiano una conoscenza del francese giudicata sufficiente (sono sottoposti a un esame), esistono a tutti i livelli d'istruzione. Alle elementari si chiamano classes d'initiation, mentre alla scuola media e a quella superiore prendono il nome di classes d'accueil. Esistono anche sistemi più modulari (gli allievi fanno solo alcune ore con gli insegnanti di sostegno e per il resto seguono il cursus regolare) ma sono minoritari rispetto alle "classi per stranieri".

I docenti sono perlopiù laureati in francese, come lingua straniera, ma il sostegno riguarda anche altre discipline e non solo la lingua. Nell'anno scolastico 2007-2008 sono stati in tutta la Francia 34.900 i "nuovi venuti non francofoni", come li chiamano da queste parti, in calo rispetto agli anni precedenti. E l'84,6% è stato inserito in questo sistema di sostegno: il 100% a Parigi, una quota più bassa in certe aree rurali dove non sono disponibili insegnanti specializzati.

«L'importante è che queste classi non rappresentino un ghetto, ma solo una fase di passaggio con l'obiettivo di inserire gli allievi nell'istruzione normale», sottolinea Aschieri. E aggiunge: «Quando si pone il problema delle espulsioni dei figli di clandestini regolarmente scolarizzati, noi protestiamo ricordando che con le classi speciali lo Stato ha compiuto con questi bambini e ragazzi un grande sforzo di integrazione. Per poi ridursi a metterli alla porta con le loro famiglie».

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