«La scorsa settimana la Bce ha annunciato la sua disponibilità a fornire liquidità illimitata e continuativa a un tasso fisso del 3,75% (misura in vigore da ieri, ndr). Il corridoio della politica monetaria si è ristretto. L'aspettativa era che le banche realizzassero le loro operazioni a un tasso più basso che in passato».
Il Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, interviene in conferenza stampa a Palazzo Chigi per spiegare qual è la patologia del sistema creditizio che con il nuovo decreto legge si intende curare, attraverso disposizioni realizzate in stretto coordinamento fra le autorità monetarie italiane, per dare attuazione a quanto deciso domenica dal vertice di Parigi. «Oggi – sottolinea Draghi – l'Euribor è ancora superiore al 5%. Noi ci attendiamo che con questi provvedimenti il tasso interbancario scenda al di sotto del 5 per cento».
Banca d'Italia ha infatti provveduto già da ieri a mettere sul piatto un plafond di 40 miliardi in titoli di Stato di alta qualità del proprio portafoglio da scambiare con asset di qualità inferiore in mano alle banche e permettere così al sistema creditizio un accesso molto più agevole e rapido al credito di ultima istanza a Francoforte. A norma di statuto della Banca centrale europea, infatti, al rubinetto della liquidità della Bce le banche arrivano solo cedendo un adeguato "collaterale" (titoli e altri asset, secondo una lista che viene aggiornata, normalmente, ogni due anni).
Con le misure annunciate ieri, Bankitalia ha agito attraverso due disposizioni: da un lato ha abbassato con effetto immediato la soglia minima prevista per gli impieghi bancari da offrire in garanzia, da 1 milione a 500mila euro. Dall'altro, ha attivato lo scambio temporaneo di titoli con il sistema creditizio: si tratta di operazioni rinnovabili con durata mensile, remunerabili all'1% annuo, e le attività cedute dalle aziende di credito potranno essere strumenti di debito, in diverse valute, con rating anche inferiore a quello dei titoli stanziabili per le operazioni con la Bce. Via Nazionale ha quindi usato la sua parte di "cassetta degli strumenti" allo scopo di far riaffluire in modo massiccio liquidità al mercato dei depositi e dei prestiti bancari. Un mercato che, come ha ancora spiegato Draghi, attualmente è inaridito per due motivi. Il primo è il rischio di controparte; vale a dire, in questo momento domina la diffidenza verso gli altri operatori. Ma il secondo motivo, ha aggiunto, «è il timore di essere riconosciuti come quelli che hanno bisogno di liquidità». In pratica, finora non si bussava spesso alla porta del finanziamento di ultima istanza perché si aveva paura di essere stigmatizzati dai propri colleghi e quindi quella fonte di liquidità restava relativamente inutilizzata. «La Banca centrale italiana – ha sottolineato il Governatore – sta lavorando proprio perché le aziende di credito che vogliono accedere al rifinanziamento non si sentano vincolate e perché riacquistino fiducia».
L'altra parte altrettanto importante della strategia messa in atto ieri per l'operazione-liquidità al sistema è quella che si realizza attraverso le garanzie concesse dallo Stato "a condizioni di mercato" vale a dire dietro pagamento da parte delle banche sulle nuove emissioni di certificati di deposito e obbligazioni fino a 5 anni emesse dalle banche, fino alla fine del 2009. Tra l'altro anche questo è un provvedimento ritagliato sulle caratteristiche del sistema creditizio italiano, che utilizza relativamente poco il mercato interbancario e ha problemi decisamente inferiori a quelli dei sistemi creditizi di altri Paesi, ma che invece ricorre ampiamente, per il proprio funding, all'emissione di strumenti finanziari di medio termine. Una disposizione, come ha spiegato Draghi, che «serve ad aiutare le banche che devono rifinanziarsi con nuovi strumenti di debito a mano a mano che i vecchi scadono». Infine, con il decreto di ieri, è prevista anche la garanzia "prezzata" dello Stato per gli scambi di titoli fra banche e altri operatori privati non bancari (l'esempio che è stato fatto è quello delle assicurazioni).
Insomma, la scelta italiana è perfettamente nel solco delle indicazioni della Bce: non attua nessuna misura di garanzia integrale dei depositi all'irlandese perché non ce ne è bisogno e perché l'Italia non gioca al dumping regolamentare, non segue la traccia inglese perché il nostro Paese appartiene all'Eurosistema. Si limita semplicemente, come è stato ribadito ieri, ad assicurare la liquidità necessaria per il funzionamento delle banche, delle imprese e dell'economia.