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Raffaele Lombardo: «La Sicilia? Sarà come l'Irlanda»

di Nino Amadore

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17 aprile 2008
Raffaele Lombardo (LaPresse)

Farò della Sicilia una nuova Irlanda. Raffaele Lombardo, 57 anni, leader del Movimento per l'autonomia e neoeletto presidente della Regione siciliana, lo lascia intendere quando spiega la sua strategia fiscale: «Basta applicare – spiega – la fiscalità di vantaggio alle regioni Obiettivo 1 e la Sicilia, come tutti sanno è tra queste». Catapultato nel frullatore politico romano ribadisce a Silvio Berlusconi che la presenza del Movimento per l'Autonomia al governo «è fondamentale, anche se è prematuro parlare di ministeri».

Fiscalità di vantaggio lei dice. Ma cosa intende?
Io dico zero tasse sui prodotti per quelle imprese che investono dalle nostre parti sul modello di quanto è avvenuto in Irlanda. In particolare io dico che la fiscalità di vantaggio va applicata solo ad alcune aree.

Si tratta di proposte già bocciate dall'Ue?
C'è un deliberato del parlamento europeo del 2006 che invita la Commissione a riconoscere questo principio. Anche perché una violazione alle norme sulla concorrenza esiste già e avviene con l'erogazione dei Fondi strutturali: chi investe oggi lo fa sapendo di poter contare su finanziamenti che altrove non ci sono. La fiscalità di vantaggio applica lo stesso principio: risparmio per chi investe. Con un vantaggio enorme per lo Stato che non perde soldi per pagare indennità di disoccupazione o altro e per la Ue che non deve erogare nuovi fondi.

E i territori?
L'arrivo di nuove imprese genera nuova occupazione e così via in un circolo virtuoso. Oggi la situazione è opposta: in Irlanda ci sono investimenti esteri per 1.500 euro pro-capite, al Sud per 11 euro pro-capite e al Nord per 250 euro pro-capite.

Nell'agenda politica torna il federalismo fiscale, ma non rischiate di avere interessi diversi lei e Bossi?
Io credo che Umberto Bossi abbia ragione: le risorse prodotte dal territorio debbono rimanere sul territorio. Noi diciamo che si può fare un federalismo fiscale con un meccanismo perequativo o di solidarietà in una fase di transizione. In poche parole: subito un federalismo solidale per consentire alle regioni più arretrate di mettersi in linea con quelle più avanzate.

Impresa certo non semplice visto che le regioni del Sud sono ancora indietro nonostante le risorse ricevute.
La responsabilità è dello Stato centrale. È il centralismo che impedisce alle regioni del Sud di avanzare. L'obiettivo finale è il federalismo con la devoluzione dei poteri e ciò metterà le regioni nelle condizioni di crescere. E poi...

Dica.
La Sicilia non avrebbe nemmeno bisogno dei soldi romani: solo dalle tasse sulla produzione di energia elettrica e del petrolio incassa almeno nove miliardi l'anno.

Il suo predecessore aveva proposto di introdurre nuove tasse proprio nel settore energetico.
Escluderei di aumentare le tasse. Noi crediamo nel progetto di Berlusconi: le tasse vanno ridotte.

Il suo movimento è schierato contro i poli industriali di Priolo e di Gela e contro i rigassificatori.
Il nostro è il vero ambientalismo perché in quelle aree industriali ci sono stati migliaia di morti. Con le aziende di quelle aree avvieremo una discussione serena sul destino di quei territori. Vogliamo prima di tutto capire qual è il vantaggio per la Sicilia e i siciliani. Noi comunque non andremo da loro con il cappello in mano: i grandi gruppi che guadagnano miliardi comincino a portare qualcosa sul territorio e investano anche nel turismo o nell'industria ecocompatibile.

Siete sempre contro i rigassificatori?
Io non sono pregiudizialmente contrario, ma dico che sono a favore di impianti convenienti e sicuri. Se dal rigassificatore deriva convenienza per le imprese locali e nessun danno o rischio per la salute allora sono d'accordo.

Torniamo alla questione della fiscalità. La Sicilia ha l'Irpef e l'Irap al massimo a causa del buco della sanità. Come pensa di procedere?
Il problema va affrontato in termini molto netti: vanno individuate le aree di spreco e vanno fatti i tagli. Bisogna guardare al modello Lombardia con una sana competizione tra pubblico e privato e la creazione di centri d'eccellenza. Faremo scelte impopolari ma necessarie.

Ma il piano di rientro va completato.
Abbiamo una scadenza che è il 30 aprile ma contratteremo con il governo un nuovo termine.

Ieri è stata nominata l'ex sottosegretario Marianna Li Calzi nel Cda di Unicredit al posto di Salvatore Mancuso, qual è la sua proposta a proposito della partecipazione della Regione?
La nomina della Li Calzi è solo momentanea visto che io non mi sono ancora insediato e tutto dovrà poi essere rivisto. Quanto alla nostra partecipazione non credo che possa essere conveniente per noi stare in una banca che applica gli stessi tassi di interesse in Sicilia come in Germania.

E quindi?
Vanno aiutate le piccole realtà locali, le banche di credito, magari supportandole a mettersi insieme.

E della banca del Sud cosa dice?
Bisognerà parlarne. Non penso alla riproposizione di una banca pubblica, di un baraccone che affonda nella sofferenza.

A parlare del Ponte sullo Stretto rischiamo di essere ripetitivi?
Già: deve essere fatto e le risorse per farlo ci sono. E le ripeto: cacceremo fuori la mafia.

Ma ora che è cambiata la maggioranza che fine faranno i fondi che erano stati dirottati nei territori.
Io non me ne sono accorto. E comunque in Sicilia se servono fondi per altre esigenze li prenderemo dalle risorse dell'Ue.

nino.amadore@ilsole24ore.com

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