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27 gennaio 2009
Giorno della Memoria

 
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Giornata della Memoria, il «caso Williamson» divide Chiesa e comunità ebraica

di Carlo Marroni

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É l'alta pressione tra mondo ebraico e Chiesa cattolica a caratterizzare la celebrazione del Giorno della Memoria, dedicato al ricordo delle vittime della Shoah. La decisione del Papa di revocare la scomunica ai quattro vescovi ultratradizionalisti seguaci del defunto Marcel Lefebvre - tra cui figura anche monsignor Williamson, che ha rilasciato un'intervista televisiva in cui nega che vi siano state le camere a gas nei lager e siano stati uccisi sei milioni di ebrei - tiene ancora banco e inevitabilmente polarizza l'attenzione.

Dopo le richieste ebraiche di un "gesto" riparatore della Chiesa, oggi il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, ha detto che una visita di Benedetto XVI alla Sinagoga della Capitale sarebbe, «senza ombra di dubbio, un chiaro ed inequivocabile segno di distensione». Intervistato dal sito cattolico papanews.it, il rabbino ha ricordato di aver già rivolto in passato lo stesso invito a Papa Ratzinger (Giovanni Paolo II vi si recò nella storica visita del 1986), ma di non aver mai ricevuto nessuna risposta dal Vaticano, «nè positiva ne negativa: chissà - auspica - magari questa è la volta buona». Di Segni respinge l'obiezione riguardo al fatto che il mondo ebraico continuamente «alza l'asticella» e non è mai soddisfatto delle prese di posizione della Chiesa riguardo all'antisemitismo. «È una falsità: noi - assicura - giudichiamo di volta in volta, in modo imparziale, ciò che ci riguarda. Ci atteniamo ai fatti, non partiamo con dei preconcetti contro il Papa». Inoltre, per Di Segni «il mondo ebraico è variegato, e ognuno dice la sua, senza per forza rappresentare tutti».
Dal mondo cattolico, in ogni caso, prosegue la politica della mano tesa. «Nessuno pensi che la Chiesa cattolica possa mai condividere la tesi assurda, quanto mai gratuita e aberrante di Williamson» ha dichiarato l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, a margine di un convegno alla Camera sulla Giornata della Memoria a cui hanno preso parte, fra gli altri, il ministro degli Esteri Franco Frattini e l'ambasciatore israeliano Gideon Meir. «Con tutto il dialogo intercorso tra Chiesa cattolica e popolo ebraico - ha aggiunto - con le visite di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI alle sinagoghe e con tutti gli scambi avvenuti tra comunità ebraica e associazioni cattoliche, non credo proprio che la Chiesa cattolica possa assumere forme compromissorie con queste posizioni». Ancor più duro l'arcivescovo di Vienna, cardinale Christoph Schoenborn, amico personale del Papa: «É vergognoso e angosciante che ci siano ancora voci che negano apertamente la Shoah e contestano il diritto del popolo ebraico all'esistenza». In una lettera al rabbino capo Paul Chaim Eisenberg in occasione della Giornata della Memoria dell'Olocausto, Schoenborn, che è anche presidente della Conferenza episcopale austriaca, afferma «che lo sterminio degli ebrei resta una ferita dolente e una vergogna dell'Europa», ricordando che «anche i cristiani hanno partecipato a questo grande delitto o hanno distolto lo sguardo».

Lunghi servizi sul Giorno della Memoria da Radio Vaticana, diretta da padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede. Il magistero di Benedetto XVI sulla Shoah è «inequivocabile», il Papa - ha affermato l'emittente vaticana - ha usato, in diverse occasioni, «parole inequivocabili» che «non lasciano spazio alcuno a quelle opinioni assurde nonchè storicamente e moralmente inaccettabili che vorrebbero negare la tragedia della Shoah». Dalla Conferenza Episcopale Svizzera - Paese dove è massiccia la presenza dei lefebvriani e dove ha la sede principale la Fraternità San Pio X - arriva una dichirazione inedita: i consacrati illecitamente da mons. Marcel Lefebvre nonostante la revoca della scomunica restano sospesi "a divinis". Insomma, secondo la Chiesa Cattolica, non possono esercitare il loro ministero episcopale. Occorre - scrivono i vescovi - evitare malintesi: «nella dottrina della Chiesa, la revoca della scomunica non è la riconciliazione, nè la riabilitazione, ma l'apertura del cammino verso la riconciliazione. Quell'atto non è dunque un punto d'arrivo, ma il punto di partenza per un dialogo necessario sulle ragioni del dissenso».

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