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Giustizia, intesa nel Pdl sulle intercettazioni

di Nicoletta Cottone

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27 gennaio 2009

La maggioranza ha raggiunto in serata una intesa sul disegno di legge sulle intercettazioni.

Il giro di vite non toccherà l'elenco dei

reati "ascoltabili", che non viene modificato rispetto a quello attuale, dunque tutti i reati con un limite di pena di 5 anni. È caduto, dunque, il limite di 10 anni della prima stesura del provvedimento. Viene, invece, modificata la durata: 45 giorni prorogabili di 15, con la sola eccezione dei reati per mafia e terrorismo. Sarà possibile disporre gli ascolti solo per gli indagati sui quali ci sia «un grave indizio di colpevolezza». L'accordo raggiunto sarà trasformato in un emendamento del Guardasigilli da al ddl intercettazioni, attualmente all'esame della Camera. Niente carcere, invece, per i giornalisti, ha sottolineato il ministro della Giustizia Angelino Alfano: si «afferma il principio di responsabilità del giornale, cioè dell'editore».

Negli emendamenti Bongiorno pene più severe per i giornalisti. Pene più severe per i giornalisti che divulgano intercettazioni. Lo prevedono alcuni emendamenti presentati da Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia della Camera e relatore del provvedimento. La Bongiorno ha presentato 10 emendamenti al testo del Governo con i quali, aumenta la condanna detentiva se a essere pubblicati sono atti di cui è stata disposta la distruzione. Emendamenti che si aggiungono alle circa 400 modifiche presentate che inizieranno a essere esaminate domani. La relatrice ha anche proposto che la pubblicazione arbitraria di atti del procedimento penale sia punibile con l'arresto fino a sei mesi «o con l'ammenda fino a 10.000 euro». Dunque aumenta l'ammenda, ma in alternativa al carcere. Nel ddl Alfano, infatti, si prevede il carcere «fino a sei mesi e con l'ammenda da euro 250 a euro 750».

Fra le altre novità Bongiorno la proroga delle intercettazioni per ulteriori 60 giorni, deve essere autorizzata prima dal capo dell'ufficio. Proposto anche quella di allargare la platea dei reati intercettabili aggiungendo anche la ricettazione, l'estorsione, la rapina, gli atti sessuali con una minorenne, la violenza sessuale, il sequestro di persona. Chiesto anche di svincolare le intercettazioni ambientali per i reati di mafia e di terrorismo dal presupposto, previsto nel testo del Governo, che si proceda solo «se vi è fondato motivo di ritenere che nei luoghi» in cui sono disposte «si stia svolgendo l'attività criminale».

Fnsi: il ddl è incompatibile con la libertà di stampa. Per la Federazione nazionale stampa italiana (Fnsi) il disegno di legge è incompatibile con la libertà di stampa. In una nota la Federazione precisa che «il confronto ripreso in queste ore sul ddl intercettazioni non può diventare motivo di cancellazione della cronaca giudiziaria, né dell'introduzione di impropria limitazione al diritto dei cittadini all'informazione su come procedono le inchieste e sui loro contenuti». Per la Fnsi «immaginare di punire, di volta in volta, con pesanti sanzioni, i giornalisti o gli editori equivale a una invocazione del delitto di omissione che non trova alcuna giustificazione nei Paesi in cui la stampa libera contraddistingue i caratteri dei sistemi democratici. Gli anticorpi agli eventuali orrori di stampa esistono e se gli strumenti attuativi non funzionano al meglio, occorre semmai correggere questi e non introdurre bavagli ingiustificati».

Il sindacato dei giornalisti sottolinea che le notizie di rilevanza penale e comunque di pubblico interesse, se conosciute da un giornalista, debbono essere pubblicate, come impone la legge, l'etica professionale e il buon senso. Per la Federazione le intercettazioni legittime sono disposte dalla magistratura e quando finiscono in atti giudiziari diventano atti pubblici. «Il segreto deve essere limitato nel tempo. Ma il pubblico interesse all'informazione (come dimostrano molti casi di giustizia lenta, insufficiente e talvolta ingiusta) non può essere negato sui fatti e le circostanze di rilevanza civile. Questo principio è di valore assoluto e innegabile, come ha sentenziato la Corte di Giustizia europea».

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