L'ok al Ddl sicurezza al Senato, provvedimento-simbolo del governo Berlusconi, non è privo di crepe e ferite nate proprio davanti al traguardo dell'approvazione. Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha già detto che alla Camera sarà reinserita la norma che porta da due fino a 18 mesi la permanenza dei clandestini nei centri di identificazione ed espulsione: un punto fondamentale del testo governativo, cancellato giovedì con un emendamento Pd appoggiato da sette "franchi tiratori" del Pdl.
Le fratture politiche della maggioranza emerse e ora solo ufficialmente sanate dimostrano che il protagonismo della Lega sull'immigrazione rischia di subire, come minimo, avvertimenti non proprio bonari dagli alleati del Centro destra. Certo, passa il permesso di soggiorno a punti e la facoltà per i medici di denunciare i clandestini. Ma la stretta sui ricongiungimenti familiari, sollecitata dal Viminale, nell'esame parlamentare è diventata meno rigida. E la proposta leghista di dire stop ai flussi di immigrati per due anni diventa un semplice ordine del giorno. Insomma, la politica muscolare del Carroccio contro i clandestini, assecondata finora obtorto collo dai colleghi di maggioranza, comincia a trovare limiti e paletti. Anche perché l'attivismo degli uomini di Bossi rischia di conquistare spazio e potere. Ancora ieri l'ex ministro dell'Interno, Beppe Pisanu, e il leghista Roberto Castelli, continuavano a lanciarsi segnali ostili.
Montecitorio, dunque, non sarà un passaggio di semplice ratifica del testo, anzi è un nuovo banco di prova della coesione nella maggioranza. Senza contare che, al di là del pacchetto sicurezza, sarà necessario fare una verifica sull'efficacia dell'attuale politica sull'immigrazione: nonostante tutte le misure prese e annunciate, nel 2008 gli sbarchi di clandestini sono stati oltre 30mila, una cifra record. La speranza, tutta da confermare, è che le intese con la Libia e la Tunisia diano alla fine qualche frutto concreto.