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Il caso Englaro, il Pdl e la solitudine di Fini

di Emilia Patta

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11 febbraio 2009

«Lui può fare qualsiasi cosa voglia, anche il capo di un grande partito unitario di centro-destra... Certo andando verso il Ppe non credo che possa farlo a queste condizioni». E ancora: «Lui non è Almirante, non è un maestro, le sue posizioni sono in contrasto con il sentire medio di An».

L'affondo contro il leader di An e presidente della Camera Gianfranco Fini viene da Maurizio Gasparri, il capogruppo dei senatori Pdl che alla notizia della morte di Eluana Englaro ha attaccato il Capo dello Stato per la mancata firma al decreto predisposto dal Governo («peseranno le firme messe e quelle non messe»). Ed è un attacco che per la prima volta arriva a mettere in discussione le qualità di leadership di Fini.

In mattinata un altro segnale che isola il presidente della Camera: i senatori del Pdl, quindi di Fi e di An, si sono riuniti per discutere della vicenda Englaro e «hanno dato piena e totale solidarietà alla linea seguita da Gasparri e Quagliariello». La linea contro il presidente della Repubblica, insomma, difeso da Fini e attaccato dal premier Silvio Berlusconi.

La vicenda Englaro, ma non solo. Non è la prima volta che Fini si trova su posizioni laiche, basti pensare alla sua presa di posizione contro la legge sulla fecondazione assistita. In gioco c'è l'idea stessa di partito a poche settimane dal congresso che celebrerà la fusione di Fi e An nel Pdl. Un partito che non potrà essere confessionale - ha confidato Fini ai suoi - e che dovrà ospitare «una pluralità di posizioni». Ma soprattutto un partito che si caratterizzi per il «patriottismo costituzionale»: «Non vuol dire che la Costituzione è intoccabile, ma che tutto il Paese si deve riconoscere attorno a principi e valori condivisi. È un'idea di destra repubblicana. È un'idea che porterò nel Pdl».

E se Fini appare isolato sulla vicenda Englaro e sulla linea di difesa del Quirinale di queste ore, le sue preoccupazioni sulla natura del partito unico che si va costruendo a destra sono le stesse di molti dirigenti (per tutti il sindaco di Roma Gianni Alemanno) e di molti militanti. Che non hanno nessuna intenzione di perdere il proprio patrimonio "genetico" in un indistinto partito azzurro berlusconiano con un uomo solo al comando.

Vale la pena dare un'occhiata, nel pomeriggio, al convegno su «Giuseppe Tatarella: la politica delle idee, la politica del confronto». Per Fini un'occasione per ribadire la sua idea di destra di governo: anzitutto una destra dalla cultura istituzionale.

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