I primi effetti della crisi si fanno sentire anche sui neolaureati. È uno dei risultati che emerge dall'undicesimo rapporto sulla condizione occupazionale, realizzato dal consorzio interuniversitario Almalaurea e presentato oggi a Roma. Dall'indagine, che ha interessato quasi 300mila laureati di 47 atenei, viene fuori che, a 12 mesi dalla laurea, la quota di occupati scende dal 51,9 al 51,4 per cento (-0,5 per cento). Rapportato al 2000, invece, tale calo è del 6 per cento. In diminuzione, anche in misura più contenuta, la percentuale di coloro che lavorano cinque anni dopo il termine degli studi: 84,6% per i laureati 2003 contro l'86,3% del 2000.
Analogo trend negativo caratterizza le retribuzioni. Sempre a cinque anni dalla laurea lo stipendio medio di chi ha lasciato l'università nel 2000 era di 1.428 euro pro capite laddove per i laureati 2003 è diventato di 1.343 euro. Ma l'impatto della crisi, spiega il direttore di Almalaurea Andrea Cammelli, è testimoniato anche da un altro dato: nei primi due mesi del 2009 la stessa Almalaurea, che gestisce una banca dati on line con oltre 1,2 milioni di profili, ha ricevuto il 23% in meno di richieste da parte delle imprese. Con un picco del 35% per gli appartenenti al gruppo economico-statistico. Da qui la proposta al Governo per incentivare la domanda di capitale umano da parte delle aziende.
L'indagine si è poi concentrata sul confronto tra i soggetti che si sono formati prima e dopo la riforma del '99. Mettendo in luce i progressi che, nel passaggio da vecchio a nuovo ordinamento, si sono succeduti. Ad esempio su età di uscita (25,9 anni di età media contro 28), voto di laurea (109,1 contro 102,5), studenti in regola (69,6 contro 9,5) e partecipazione a stage o tirocini 85,9 contro 17,9). Unica «nota dolente», stando al rapporto, è la quota di lavoratori atipici rispetto a quelli stabili: quasi uno su due.